Dopo la drammatica emergenza pandemica “ci saremmo aspettati forti investimenti per la sanità pubblica, mentre il Def 2023 prevede una riduzione della spesa sanitaria nonostante gli elementi di complessità davanti agli occhi di tutti. Infatti, nonostante il crescente finanziamento del Ssn in questi anni, nel Def 2023 si prevede una decrescita della spesa sanitaria che passerà dal 6,7% del Pil nel 2023 al 6,2% nel 2025”. Ad affermarlo è la Cisl in un documento programmatico in 16 punti per il rilancio della sanità pubblica, dei servizi socio-assistenziali e del sostegno alla non autosufficienza
Sanità, servizi di serie A e di serie B
Il Servizio sanitario nazionale universale, pubblico e accessibile a tutti è un bene prezioso che va rafforzato e rilanciato, pena il rischio che possano determinarsi distinzioni tra la popolazione con malati di ‘serie A’ e di ‘serie B’: coloro che hanno accesso e che possono avere una sanità a pagamento e coloro che sono senza servizio sanitario perché non possono pagare. “Oggi purtroppo il Ssn sta velocemente lasciando il passo alla sanità privata come dimostrato dalla spesa ‘out of pocket’ che ha raggiunto 40 miliardi di euro (poco meno di un terzo del finanziamento del Ssn) di cui 10 miliardi intermediati dai Fondi assicurativi”.
L’allarme della Cisl è sul fatto che “si allargano sempre più le differenze sociali tra coloro che possono permettersi di sottoscrivere polizze sanitarie private o accedere a quelle previste dal welfare contrattuale e il resto delle persone, per lo più anziane, che per accedere alle cure del Servizio sanitario nazionale sono spesso costrette a liste d’attesa interminabili. In realtà, secondo il sindacato, “basterebbe intervenire con una seria lotta all’evasione per adeguare il finanziamento per il Ssn cercando di recuperare parte dei 100 miliardi di evasione fiscale”.
La spesa sanitaria
Dagli ultimi dati del Mef, nel 2019 risultano evasi circa 32 miliardi di Irpef da lavoro autonomo e imprese e 27,7 miliardi di Iva. In totale circa 60 miliardi che, sottolinea la Cisl, “potrebbero essere in parte investiti sulla sanità pubblica. Sappiamo, infatti, che l’imposizione fiscale costituisce la parte preponderante delle fonti che finanziano il Fondo sanitario nazionale: la componente diretta rappresenta mediamente il 27,6% del totale (Irap 19,2% e addizionale Irpef 8,3%), mentre la componente indiretta (Iva e accise) è pari al 59,6% del totale”. Nella sanità “c’è un problema di risorse. Dal 2010 al 2019, con l’odiosa operazione dei tagli lineari, sono stati tolti quasi 37 miliardi dal servizio sanitario nazionale”, dichiara il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra.