Mancano meno di mille giorni all’apertura dei Giochi olimpici invernali di Milano-Cortina (inizieranno il 6 febbraio 2026) e si fa sempre più probabile l’ipotesi di spostare le gare di alcune discipline in Svizzera, dopo che si era già ventilata l’ipotesi Piemonte. Il motivo? Molti impianti, soprattutto in Lombardia, non saranno pronti per il grande evento.
Lo saranno però dopo che le Olimpiadi invernali saranno solo un ricordo, perché i lavori per la realizzazione procedono per stralci e molte opere previste saranno realizzate solo in parte, ma non completate per l’apertura dei giochi olimpici e paralimpici.
Nel Piano nazionale di interventi dei Giochi nazionali olimpici approvato dal governo Draghi su proposta di Luigi Valerio Santandrea, amministratore delegato della Simico (società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 Spa), le opere da realizzare sono 73.
Ma alcune – si legge nel Piano – non saranno consegnate “integralmente” in tempo per lo svolgimento dei Giochi ma ne verrà “assicurata” semplicemente la “fruizione anche per stralci funzionali”. Opere pubbliche che andranno progettate in ogni caso, persino se non dovessero risultare “immediatamente disponibili tutte le risorse necessarie per la realizzazione”.
Giochi Milano-Cortina, i numeri delle opere previste
Gli interventi previsti nel Piano indicano 47 opere “essenziali” finanziate per oltre 1,8 miliardi di euro e 26 opere “essenziali-indifferibili” finanziate per 264,8 milioni. Queste ultime dovranno essere consegnate entro il mese di dicembre del 2025, mentre le “essenziali” – ed è qui il paradosso – anche solo per stralci. Ventotto opere sulle 47 “essenziali” riguardano la viabilità: nuove varianti, nuove circonvallazioni, nuove gallerie.
Che potrebbero essere pronte solo a Giochi finiti. Ci sono poi alcune strutture destinate ad ospitare le gare – e qui entriamo nello specifico milanese – che non saranno pronte per febbraio 2026. I ritardi sono lampanti nei lavori al Palasharp. Destinato a trasformarsi per le olimpiadi in Milano Hockey Arena (in teoria, infatti, dovrebbe ospitare le gare olimpiche dell’hockey femminile), per ammissione stessa di Andrea Venier, amministratore delegato della Fondazione Milano-Cortina 2026, a inizio di giugno si era ”nella fase di valutazione del progetto esecutivo da parte dell’operatore privato. E non appena concorderemo le ultime modifiche, inizieranno i lavori”.
Lavori che per la riconversione di una struttura che è stata utilizzata prima come sede di concerti, per un periodo anche come moschea, consistono in una ristrutturazione che comporta un costo decisamente importante. Da qui l’ipotesi che il palazzetto possa non essere più una delle sedi dei giochi olimpici.
Sui Giochi si parla anche di trasloco all’estero
Altro indizio sono state le parole dell’assessore milanese alla rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi: “Non siamo in grado di dire se potrebbe non essere più una sede dei giochi. Il progetto c’è, stiamo valutando”. Secondo il Fatto Quotidiano di ieri a causa dei ritardi nei cantieri, il trasloco all’estero “non è più tabù: nell’ultima cabina di regia, Andrea Varnier, ne ha discusso apertamente”.
Il piano B coinciderebbe quindi con St. Moritz, ma, si legge nel testo, “gli ostacoli più che tecnici ed economici rischiano di essere politici: presidente del circolo locale è il rivale nella federazione internazionale del nostro Ivo Ferriani, lo svizzero Fritz Burkard, che passerebbe così da salvatore della patria dei Giochi italiani”.
Inoltre, “le Olimpiadi sono a Milano, ma il Coni vuole il laboratorio a Roma e all’Aquacetosa non c’è spazio […]. Non ci si mette d’accordo su dove farlo, così non è escluso che le provette finiscano all’estero, a Colonia, nel famoso laboratorio di Schwazer (il cluster di Cortina si appoggerebbe su Losanna)”.