È la legge del contrappasso ed è la plastica dimostrazione di come sia sempre pericoloso utilizzare i casi di cronaca come clava politica. Sembrano lontani i tempi in cui Beppe Grillo definiva un “processo politico” quello nei confronti di suo figlio Ciro, accusato di stupro insieme ad alcuni amici. In quel caso il politico Grillo si fece padre e difese il figlio con un video giudicato da molti offensivo per il tentativo di rivittimizzare la presunta vittima.
Ora sotto i riflettori è finito Leonardo Apache La Russa, terzogenito del presidente del Senato Ignazio La Russa, indagato per violenza sessuale a Milano dopo la denuncia presentata da una 22enne. Stando alle dichiarazioni della ragazza riportate dal Corriere della Sera, che ha anticipato la notizia, la violenza è avvenuta lo scorso 18 maggio, durante una serata in discoteca nel capoluogo lombardo.
La procura deve ancora individuare e sentire i testimoni e l’indagine è nelle sue fasi iniziali ma il clamore si è già alzato e politica e cronaca si sono mischiate di nuovo. Anche in questo caso il politico s’è fatto padre. Solo che qui Ignazio La Russa è la seconda carica dello Stato e la cautela dovrebbe essere un obbligo per tutelare le istituzioni. Non è andata così.
Difesa d’ufficio
Il presidente del Senato racconta di aver “a lungo interrogato” il figlio ricavandone la certezza che “non abbia compiuto” nulla di penalmente rilevante. È il processo secondo questa destra: indagini e tre gradi di giudizio si esauriscono nella convinzione del padre. “Non mi sento di muovergli alcun altro rimprovero”, dice La Russa, se non quella “forte reprimenda” per “aver portato in casa nostra una ragazza con cui non aveva un rapporto consolidato”.
Il presidente del Senato ne ha anche per la ricostruzione fornita dalla ragazza: “Di sicuro lascia molti interrogativi una denuncia presentata dopo quaranta giorni dall’avvocato estensore che – cito testualmente il giornale che ne dà notizia – occupa questo tempo ‘per rimettere insieme i fatti’…”, scrive La Russa. Non si è fatta attendere la reazione della segretaria del Pd Elly Schlein: “Al di là delle responsabilità del figlio, che sta alla magistratura chiarire”, ha detto la segretaria, “è disgustoso sentire dalla seconda carica dello Stato parole che ancora una volta vogliono minare la credibilità delle donne che denunciano una violenza sessuale a seconda di quanto tempo ci mettono, o sull’eventuale assunzione di alcol o droghe, come se questo facesse presumere automaticamente il loro consenso”.
Secondo Schlein “il presidente del Senato non può fare vittimizzazione secondaria. È per questo tipo di parole che tante donne non denunciano per paura di non essere credute. Inaccettabile da chi ha incarichi istituzionali la legittimazione del pregiudizio sessista”.
La polemica
Sul tema è intervenuta anche Antonella Veltri, presidente della rete dei centri antiviolenza D.i.Re: “È inaccettabile in una democrazia moderna che si usino privilegi derivanti da incarichi o da ruoli politici per orientare l’opinione pubblica e indebolire la denuncia delle donne. Chiediamo al presidente della Repubblica di intervenire e mettere un freno a questo riprovevole comportamento del presidente del Senato”.
Anche per il co-portavoce nazionale di Europa Verde Angelo Bonelli, le parole di La Russa sono “inaccettabili”: “Il fatto che la seconda carica dello Stato si renda responsabile di queste inaccettabili dichiarazioni, che attaccano la vittima e scagionano il figlio, evidenzia che le nostre istituzioni sono entrate in una fase di profonda delegittimazione a causa di comportamenti profondamente dequalificanti”. Di “ingerenza intollerabile” parla Riccardo Magi di +Europa.