Lo ripete da giorni: “Sul Pnrr non ci sono ritardi, c’è semplicemente un lavoro serio che stiamo cercando di fare”. La verità però dovrebbe essere un prerequisito di ogni ragionamento serio. Sul Pnrr per ora non ci siamo. Lo scorso 30 dicembre il governo Meloni ha inviato alla Commissione europea la richiesta per ricevere i 19 miliardi di euro della terza rata, affermando di aver centrato gli impegni fissati per il secondo semestre del 2022, in parte già raggiunti dal precedente governo Draghi. Dopo sei mesi i soldi della terza rata non sono ancora stati erogati.
La terza rata del Pnrr continua a slittare e il governo Meloni non ha neppure provato a chiedere la quarta
Per la prima e la seconda rata la conferma dell’erogazione era avvenuta circa quattro mesi dopo la richiesta da parte del governo Draghi. Tra le altre cose la Commissione europea ha contestato il finanziamento con il Pnrr – stabilito prima dell’insediamento del nuovo governo – degli interventi del Bosco dello Sport di Venezia e dello stadio Franchi di Firenze, poi esclusi. Pagella politica fa il punto.
“La valutazione della Commissione europea ai fini del pagamento della terza rata è in via di completamento. Il processo di assessment, sin dall’invio della domanda di pagamento, ha richiesto tempi più lunghi, d’intesa con i servizi della Commissione, per la complessità degli obiettivi da conseguire per questa rata e per gli approfondimenti che si sono resi necessari, nelle interazioni con la Commissione, per alcune scadenze”, si legge nella terza Relazione sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza” trasmessa al Parlamento a inizio giugno.
Le scadenze che il nostro paese avrebbe dovuto portare a compimento entro il 30 giugno sono 27
Secondo Il Sole 24 Ore, se non ci saranno altri intoppi, l’erogazione effettiva dei soldi della terza rata avverrà soltanto a settembre. Secondo Il Foglio il governo avrebbe rifiutato la proposta della Commissione Ue di ricevere solo un pagamento parziale della terza rata. Come sottolinea Openpolis le scadenze che il nostro paese avrebbe dovuto portare a compimento entro il 30 giugno 2023 sono 27. Riguardano la transizione ecologica (7), la pubblica amministrazione (4), l’inclusione sociale e lavoro e imprese (3). Ma sono solo 10 quelle completate, anche se tra le 17 ancora da conseguire, 4 possono essere considerate a buon punto. Cioè vicine al completamento, in base alle informazioni disponibili.
Da mesi – sempre secondo Openpolis – ormai il governo dichiara di essere al lavoro su una proposta di revisione complessiva del Pnrr da inviare entro la fine di agosto 2023. Modifiche che dovrebbero integrare il capitolo sul piano energetico RepowerEu e stralciare le scadenze e i progetti considerati irrealizzabili. Nella relazione sullo stato di attuazione si legge che saranno oggetto di rimodulazione anche le scadenze di questo primo semestre 2023.
Perché modificare le scadenze già del 2023? “Se la rimodulazione riguardasse quelle a partire dal 2024, – spiega Openpolis – l’esecutivo avrebbe potuto raggiungere i milestone e i target previsti entro fine giugno. Se non la totalità, quasi. Non tutte e 17 le scadenze che risultano in ritardo infatti prevedono interventi irrealizzabili. Per quanto ne sappiamo, solo 5 sono etichettate come critiche. Completando gli interventi da cronoprogramma, l’esecutivo sarebbe stato almeno nelle condizioni di richiedere la quarta rata di finanziamenti. Un segnale positivo, a maggior ragione considerando che la Commissione europea non ha ancora approvato l’invio della terza tranche. Fondi che il nostro paese aspetta dalla fine del 2022 e su cui evidentemente ci sono ancora dei dubbi”.
Ma non sono gli unici ritardi. Anche il fondo complementare al Pnrr, finanziato con quasi 31 miliardi di euro creato nel 2021 da Draghi annaspa, come dimostrano i monitoraggi finora realizzati dalla Ragioneria generale dello Stato.
Tra gli obiettivi fissati per il terzo trimestre dello scorso anno (luglio-settembre 2022) il 16% non era stato conseguito e il 42% era stato solo parzialmente conseguito (all’epoca il governo in carica era quello di Draghi). Tra quelli fissati per il quarto trimestre (ottobre-dicembre 2022) il 25% non era stato conseguito, mentre il 54% era stato raggiunto solo parzialmente. Ai ritardi si aggiunge il fatto che, un po’ come avvenuto per il Pnrr, sul fondo complementare è difficile poter fare un monitoraggio puntuale.
“La ricerca di informazioni sull’attuazione del fondo complementare non solo è più difficile di quella del Pnrr, ma quasi impossibile”, scrive Openpolis, spiegando che “nei prossimi sei anni ci sarà una carenza di 7mila medici di famiglia”.. Così tra carenze di organico, invecchiamento progressivo di chi opera nel settore della Sanità pubblica e mancate assunzioni, la situazione non è affatto destinata a migliorare. Tanto che Silvestro Scotti, segretario generale Federazione Italiana Medici Medicina Generale (Fimmg), presentando il report di Eurispes-Enpam ha spiegato che “nei prossimi sei anni ci sarà una carenza di 7mila medici di famiglia”.