Il caso di Kataleya, la bambina scomparsa il 10 Giugno a Firenze, accende l’attenzione sulle occupazioni abusive e sulla difficoltà in cui versano i disperati che – commettendo un reato (l’occupazione non legale di uno spazio privato) – cercano unicamente di vedere rispettato il proprio diritto alla casa provando a tutelare maldestramente se stessi e i soggetti fragili (minori, anziani, disabili) che spesso fanno parte del proprio nucleo familiare. Pare infatti che nell’hotel Astor, diventato una sacca di illegalità sottratta al lavoro delle forze dell’ordine, i bambini oltre a Kata fossero ben cinquanta.
Le occupazioni abusive sono un reato. Ma celano il dramma della disperazione
Il caso di cronaca in sé, per quanto ci tenga con il fiato sospeso e con la speranza sempre più flebile di trovare la bambina viva e in buone condizioni, è la cartina di tornasole di un sistema malsano in cui non solo le amministrazioni ma anche il governo centrale dovrebbe fare la propria parte oltre a urlare allo scandalo e mettere in atto la consueta pratica dello scaricabarile.
Le occupazioni abusive spesso associate al fenomeno migratorio, anche questo nella sua declinazione illegale, in realtà vede molte famiglie italianissime che – se anche solo qualche anno fa riuscivano faticosamente a sostenere gli onerosi costi della vita, incluso quello della soluzione abitativa – oggi si ritrovano, complice l’inflazione schizzata alle stelle e l’assenza di aiuti governativi, a dover ricorrere a soluzioni di fortuna, come quella di occupare case consegnandosi ai racket locali che lucrano sulla disperazione delle famiglie nel silenzio della politica.
Gli occupanti infatti, come dimostrano testimonianze raccolte in queste settimane di intenso lavoro degli inquirenti, corrispondevano somme significative (seicento euro pare essere la quota per una stanza) ai boss della zona che commettendo effrazione e spartendosi il “traffico” degli inquilini si sono arricchiti in questi lunghi anni. Ma com’è possibile che si sia arrivati a tutto questo? Quello dell’Astor non è un caso isolato e in Italia le strutture occupate abusivamente si estendono a macchia d’olio, molte di queste emergono e attirano l’opinione pubblica proprio come accaduto per Kata: quando c’è un caso di cronaca.
Il paradosso tutto italiano è infatti costituito dalla presenza di case vuote afferenti al settore dell’edilizia popolare e persone bisognose senza un tetto sulla testa. È evidente che quelle stesse case per poter risultare idonee ed essere consegnate necessitino di interventi di manutenzione che le rendano fruibili immettendole di conseguenza nel circuito delle assegnazioni secondo graduatorie. Ma tali interventi sono solo un miraggio ed è più facile per la politica territoriale e governativa giocare a chi si indigna di più sulla pelle di chi non riesce a vivere come Costituzione vorrebbe, ovvero nel pieno rispetto e riconoscimento dei propri diritti.
Le responsabilità non sono attribuibili solo al governo Meloni che però non ha dato segnali di discontinuità con il passato
Così, anche le procure che vorrebbero fare il proprio lavoro passando alla fase esecutiva delle ordinanze di sgombero si vedono costrette a dover congelare l’operazione in assenza di soluzioni abitative alternative per gli abusivi che – ricordiamo, certamente commettono un reato – non hanno alcuna colpa se lo Stato li abbandona a loro stessi. Non è possibile attribuire unicamente al governo Meloni la responsabilità di questa situazione che da anni interessa il Paese, ma certamente non c’è stata alcuna discontinuità con il passato nonostante i proclami elettorali da propaganda a cui ci ha abituato e che continua a proporci ignorando che il centrodestra non siede più tra i banchi dell’opposizione.
Non rifinanziando il fondo per gli affitti e non introducendo misure che aiutino a contenere la contrazione drammatica del potere di acquisto, c’è il rischio che in previsione il fenomeno delle occupazioni cresca perché dinanzi alla disperazione tutto è possibile. Allora, una cosa che il governo potrebbe fare per provare ad arginare il triste fenomeno dell’abusivismo abitativo, è mettere a punto una mappatura delle realtà territoriali più disagiate e – attraverso dei tavoli che vedano le istituzioni a tutti i livelli coinvolte – scegliere le modalità, con l’aiuto di tecnici, per intervenire tutelando le persone che lì vivono. Il tutto è possibile farlo solo con un piano di investimenti mirato e non con le parole urlate che hanno lo stessa violenza della ruspa di salviniana memoria.