di Gaetano Pedullà
Berlusconi ci ha provato fino all’ultimo a lasciare la porta aperta. E anche quando Alfano e i “suoi” ministri hanno girato i tacchi sottraendosi al patibolo dell’Ufficio di presidenza, il Cavaliere ha preferito una bugia degna del peggior teatrino della politica: erano assenti con il suo consenso. Alfano, i ministri e un po’ di parlamentari filogovernativi però non torneranno. Il Popolo della Libertà è finito e la balcanizzazione del Centrodestra è ormai inevitabile. Si comincia con la ricomparsa di Forza Italia. Ma è chiaro che lungo il cammino – questa volta incerto come nessun’altra traversata del deserto – il polo dei moderati inventato venti anni fa ad Arcore rischia di disperdersi in mille rivoli, uno dei quali porta fiumi di elettori pure a Renzi. Attorno al Cavaliere si arroccherà una squadra che sa bene di avere due problemi. Il primo è la mancanza di agibilità politica dello stesso Berlusconi, tra breve dimissionato da senatore. Il secondo è che in queste condizioni il governo sarà un po’ più debole, ma sufficientemente forte da resistere anche a lungo, ben protetto com’è dall’ombrello di Napolitano. Il voto sulla decadenza e il passaggio del Consiglio nazionale Pdl dell’8 dicembre faranno capire di più su cosa resta dell’ex monolite berlusconiano. Nel resto della politica italiana, la crisi economica e la mancanza di iniziative coraggiose da parte dell’esecutivo stanno facendo risalire nei sondaggi il movimento di Grillo. Nel Pd, invece, basterebbe solo considerare l’attenzione mediatica per la convention della Leopolda per capire già adesso chi ha vinto il congresso. Caduto Monti e sparito tutto il resto, la politica sta mischiando le carte avendo compreso che di votare per ora non se ne parla, ma quando sarà il momento il disagio degli italiani farà sparire tutto quello che abbiamo davanti adesso. Riciclare, trasformarsi, darsi una nuova verginità è la strada su cui incamminarsi presto. E se riciclano Forza Italia, si può rifare davvero tutto.