Riforma del reddito di cittadinanza, allargamento delle maglie per i contratti a termine, voucher, riduzione del cuneo fiscale. Sono alcuni dei punti nevralgici del decreto Lavoro approvato ieri dal Senato. Che gli economisti sentiti da La Notizia bocciano perché aumenta la povertà e la precarietà e mette a rischio la spesa per il Welfare.
Gli economisti bocciano le misure del Governo contro il Reddito di cittadinanza. Così si nega il futuro ai giovani
“Mi sembra che siano tutte misure – dice Felice Roberto Pizzuti, professore di Economia e Politica del Welfare State della Sapienza – che vanno tutte verso una direzione caratterizzata da due aspetti: aumento della povertà, con conseguente riduzione dei consumi, e un venir meno dello stimolo alla crescita. Per quanto riguarda l’Assegno di inclusione il conto fatto da Banca d’Italia è che il 40 per cento delle famiglie che usufruivano del Reddito di cittadinanza non lo avranno quindi stiamo parlando quasi di un dimezzamento della platea di quanti percepivano il sussidio oltre che di una riduzione dell’ammontare della prestazione. Per quanto riguarda il taglio del cuneo fiscale questa è l’eterna illusione, perché si aumenta nell’immediato il reddito ma tutto ciò avviene a discapito dei contributi con i quali lo Stato finanzia le prestazioni sociali. Poiché contestualmente la politica fiscale del governo è di ridurre le entrate, se noi riduciamo i contributi non è che li possiamo finanziare aumentando altre entrate fiscali. L’unico modo che resta è, dunque, ridurre le prestazioni sociali. Ma riducendo le prestazioni sociali e riducendo, in particolare, il sostegno al reddito dei poveri, oltre all’evidente valenza equitativa molto preoccupante, c’è anche una valenza economica perché si riduce di fatto la disponibilità e la possibilità di consumo di queste persone. Dunque l’effetto demoltiplicativo di questa manovra è molto consistente”.
“Complessivamente si ha un input negativo per la crescita economica e, contestualmente, una diminuzione del reddito dei più poveri che si traduce in un peggioramento della distribuzione del reddito. Per quello che riguarda l’allentamento dei paletti per i contratti a termine, questo si traduce in un aumento della precarietà che credo sia il cancro di questo sistema economico-sociale. Lamentarsi del calo demografico poi non ha senso. Se abbiamo una precarietà pronunciata sul mondo del lavoro e in più diminuiscono pure gli ammortizzatori sociali, come inevitabilmente sta già accadendo, diventa sempre più improbabile che le coppie decidano di mettere figli al mondo”.
Boitani: “La riforma del Reddito di cittadinanza doveva essere fatta ma quella che è stata fatta è la peggiore possibile”
Non è più tenero il giudizio di Andrea Boitani, professore di Economia politica all’Università Cattolica di Milano. “La riforma del Reddito di cittadinanza – ci dice – doveva essere fatta ma quella che è stata fatta è la peggiore possibile. Perché di fatto il governo toglie il sussidio a una gran parte dei possibili beneficiari. E lo fa in modo abbastanza discutibile e arbitrario”. Non solo il governo fa venir meno i paletti che arginavano il proliferare dei contratti a termine ma alza pure la soglia a 15mila euro per l’utilizzo dei voucher da parte di alcune categorie professionali. Un’operazione che per Boitani è priva di logica.
“I voucher sono uno strumento che serve per lavori temporanei non per lavori per i quali esiste addirittura già un contratto nazionale. Alzare la soglia è una cosa che non ha il minimo senso. Possono servire a un candidato elettorale per finanziare il volantinaggio in giro per le strade oppure per lavori spot e discontinui che si fanno dietro un piccolo compenso. Ma per uno che prende 15mila euro annui che senso ha? Si fa un contratto a tempo determinato e possibilmente, se dovesse essere ripetuto, sarebbe auspicabile che venisse convertito in tempo indeterminato. Ma qui assistiamo a un uso improprio di uno strumento che era stato individuato per ‘lavoretti’. Ma non ha senso farlo per un contratto di quelle dimensioni, non è altro che un modo per disarticolare ulteriormente il mercato del lavoro e aumentare la precarietà”.
“L’unico modo vero per tagliare il cuneo fiscale sarebbe quello di far pagare le tasse a tutti”
E poi c’è il taglio del cuneo fiscale. “Sono ancora una volta offe che vengono lanciate a un pubblico affamato di soldi perché in realtà quello che è successo è che lo Stato ha commesso una sorta di rapina, altro che ‘pizzo di Stato’. Il governo si è approfittato dell’inflazione per aumentare la pressione fiscale. La cosa che dovrebbe fare invece è restituire il fiscal drag indicizzando gli scaglioni delle imposte. Questo sì che sarebbe un provvedimento di carattere generale e utile. Insomma si vuol tagliare il cuneo fiscale? Allora sia un taglio strutturale e si sostituisca con altre imposte non con il fiscal drag. Si diceva di aumentare l’Iva anche se è problematico perché con i prezzi che salgono l’Iva funge da moltiplicatore dell’inflazione. L’unico modo vero per tagliare il cuneo fiscale senza perdere gettito sarebbe quello di far pagare le tasse a tutti, di ridurre l’evasione sul serio. E non di inventarsi fesserie come la flat tax che sono ovviamente strumenti per favorire questa categoria o quell’altra contro il pubblico dei lavoratori dipendenti. Si tratta di pannicelli caldi che si rivelano rapidamente freddi”.
Sul pericolo che il taglio del cuneo fiscale porti a ridurre le spese per il Welfare, il professore della Cattolica ci spiega che “se si vuole tenere il bilancio invariato a una riduzione delle entrate deve corrispondere una riduzione delle uscite. Ma per evitare tagli alla spesa, ripeto, l’unica soluzione è far pagare le tasse a chi non le paga. Ma con l’attuale governo questo sembra un concetto tabù, se pensiamo che la presidente del consiglio definisce la tassazione ‘pizzo di Stato’ allora tutto si spiega”.