Ancora una volta sul Mes il governo decide di non decidere. Dopo il cortocircuito di mercoledì in Commissione Affari Esteri della Camera, quando il parere del capo di gabinetto del ministro dell’Economia (favorevole al Mes) ha scatenato il panico tra i sovranisti di FdI e Lega, ieri c’è stata una nuova seduta.
Alla Camera sul Mes va in scena l’Aventino al contrario delle destre. Schlein: “Mai successo”. Conte: “Governo allo sbando”
Sul tavolo la scelta su quale proposta di ratifica del Mes tra quella presentata da Piero De Luca (Pd) e quella di Luigi Marattin (Iv) dovesse essere adottata come testo base. Ebbene il centrodestra ha deciso di non partecipare ai lavori della Commissione che ha adottato il testo del Pd. Mercoledì prossimo è fissato il termine degli emendamenti. Il giorno dopo è previsto il voto sul mandato al relatore, poi il provvedimento è atteso in Aula il 30 giugno. Ma l’obiettivo resta sempre quello di ieri e dell’altro ieri ovvero rinviare il voto finale, magari a dopo l’estate.
La verità è che fosse per Giorgia Meloni, premier e leader di FdI, la discussione sul Mes nemmeno dovrebbe iniziare. Il suo no è di ferro. Idem per Matteo Salvini. Il vicepremier e ministro, nonché leader della Lega, irritato per il parere favorevole al Mes uscito dal dicastero del suo collega di partito, spiega che “sul Mes decide il Parlamento. Quella del ministero dell’Economia è un’opinione tecnica. Tecnicamente uno può fare i conti per quello che è il bilancio pubblico poi politicamente tutto il centrodestra, dalla Meloni al sottoscritto, ha sempre ritenuto che in questo momento il Mes non è uno strumento utile per il Paese”.
La mossa di Giorgetti è una mossa non casuale e studiata per lanciare un messaggio all’esterno, all’Europa. Il ministro più draghiano di questo governo sa che certificare il no secco del Parlamento potrebbe essere controproducente anche per l’esecutivo, alle prese con la delicata trattativa sul Patto di Stabilità e crescita, nella quale l’Italia cerca alleati nella richiesta di scorporare dai calcoli alcuni investimenti. E potrebbe irrigidire gli animi anche sul fronte dell’altra trattativa con la Commissione europea sulle modifiche al nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza.
L’Europa ci guarda. Giorgetti lo sa e anche Meloni ne è consapevole. Il dibattito in corso in Italia sul Mes “è seguito” dalle istituzioni Ue “con attenzione”, hanno riferito fonti europee ieri. Che ricordano che all’ultimo Eurogruppo a Lussemburgo c’è stato uno scambio con il governo italiano e i membri dell’Eurozona sugli ultimi passi da compiere affinché la riforma possa entrare in vigore a fine anno. Ma i tempi al momento per governo e maggioranza (esclusa Forza Italia da sempre favorevole, seppur con alcuni correttivi, al Mes) non sono pronti per la ratifica ecco perché finora Meloni ha adottato la strategia del rinvio, per evitare di certificare il no – Italia unica nell’Eurozona – con un voto del Parlamento che peserebbe assai nei rapporti con Bruxelles.
Ma prima o poi si troverà davanti al bivio e una decisione dovrà essere presa. Se Il Mes venisse modificato per Meloni sarebbe più facile ratificarlo ma l’Europa è stata chiara: prima la ratifica poi eventualmente le modifiche. Intanto le opposizioni partono all’attacco. Il Pd mette il dito nella piaga facendo notare l’irritualità dell’Aventino che il senatore dem e responsabile economia del partito, Antonio Misiani, definisce “patetico e ridicolo”.
Si stacca dal coro il M5S. Ieri i pentastellati si sono astenuti in commissione e il leader, Giuseppe Conte, ha spiegato che la posizione del Movimento non è a favore del Mes, che ha “un meccanismo di vigilanza particolarmente stringente e vessatorio che non è stato superato”.