Dell’abolizione del Reddito di cittadinanza non si parla più. Nessuno protesta, come fosse stato eliminato un foruncolo. Bell’esempio di stampa asservita.
Elisa Moira
via email
Gentile lettrice, non solo la stampa “progressista” non ne parla più – e si figuri quella “retrogressista” –, ma l’una e l’altra a braccetto hanno accreditato il finto mito dei fannulloni sul divano, benché smentito dalle cifre della Corte dei Conti e dell’Anpal, l’Agenzia per le politiche del lavoro. Così come il mito dei furbetti, i percettori senza averne diritto, che rappresentano l’1% del totale, cioè meno della media registrata in altri settori dei sussidi statali (pensioni d’invalidità, bonus libri, ecc.), che è al 4%. L’abolizione del Reddito rimarrà negli annali come il metro della brutalità del governo Meloni. Neppure la Thatcher arrivò a tanto. A metà degli anni ’70, quando vivevo a Londra, la famiglia di un immigrato africano, che percepiva un sussidio simile al nostro Rdc, chiese ai servizi sociali di dotarlo di un televisore a colori, che era agli albori, costava una cifra e pochi possedevano. La motivazione fu che uno dei suoi figli si sentiva discriminato perché alcuni compagni di scuola l’avevano. Ottenne la tv a colori e sui giornali esplose una polemica. Qualche anno più tardi andò al governo la spietata Lady di Ferro, che con furore ideologico spazzò via molto welfare, demolì ogni vena di socialismo e trasformò l’Uk nel paradiso dell’egoismo e dei ricchi. Tuttavia neppure lei osò l’infamia di eliminare i sussidi per chi era sotto la soglia della povertà. Ci voleva la Meloni per vedere una tale macelleria.
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