Sulle pensioni riparte il confronto tra il governo e i sindacati. Ma riparte dopo una lunga pausa che non fa di certo ben sperare per il superamento della legge Fornero più volte annunciato dal governo guidato da Giorgia Meloni. Superamento che, infatti, quasi certamente non ci sarà. Almeno non per il 2024, considerando che i soldi non ci sono per mettere in campo un anticipo pensionistico come la Quota 41.
Lunedì 26 giugno ci sarà l’incontro tra governo e parti sociali, a cinque mesi dallo stop del cantiere sulle pensioni. Nel frattempo le cose sono cambiate, con il commissariamento dell’Inps e la nomina di Micaela Gelera. Al momento il governo vuole ragionare in due tempi: una riforma riguardante i lavoratori che andranno in pensione tra diversi anni, per i quali si pensa a meccanismi come la pensione di garanzia per i giovani; dall’altra parte un intervento immediato per anticipare la pensione. Ma come?
La pensione anticipata: la Quota 41 sembra irrealizzabile nel 2024
Quota 41 rappresenta la speranza e la promessa del governo: mandare in pensione i lavoratori con 41 anni di contributi versati indipendentemente dall’età. I sindacati sarebbero d’accordo, ma per il 2024 è quasi impossibile realizzarla: servono troppi soldi. Che ora il governo proprio non ha.
Per il 2024 i conti sono già in rosso: servono tra i 10 e i 12 miliardi di euro per la conferma del taglio del cuneo fiscale, più qualche altro miliardo (in parte ricavabile dalla revisione di detrazioni e deduzioni) per la riduzione delle aliquote Irpef da quattro a tre. E poi ci sono i soldi necessari per adeguare le pensioni all’inflazione, con un altro conto molto salato per le casse statali. E ancora un altro tema rinviato per il 2023 è quello dei rinnovi contrattuali della Pa, al momento congelati. Il margine per cancellare la legge Fornero non sembra proprio esserci.
Pensioni, la conferma della Quota 103 e i dati sul calo di domande per anticipi e Opzione donna
Per il 2024, quindi, si farà ben poco. L’ipotesi più probabile è una conferma della Quota 103 già messa in campo quest’anno. Vuol dire un’uscita anticipata con 41 anni di contributi, ma solamente con almeno 62 di età. Con una netta restrizione della platea rispetto alla Quota 41.
Ci sarà poi da intervenire sull’Opzione donna, oggi rivolta alle lavoratrici con almeno 60 anni di età e 35 di contributi versati: possono andare in pensione con un metodo esclusivamente contributivo, ma solamente se rispettano alcuni requisiti molto stringenti (riguardanti l’invalidità o le crisi aziendali). I sindacati (e non solo) chiedono che torni il precedente meccanismo, a cui si è deciso di rinunciare quest’anno per i pochi soldi a disposizione.
Ma sia la Quota 103 che l’Opzione donna, secondo i modelli attuali, non stanno funzionando: le uscite anticipate dal lavoro sono scese, come dimostra l’ultimo monitoraggio Inps sul primo trimestre del 2023. I nuovi requisiti hanno portato a una diminuzione generale delle domande di pensionamento (il 26% in meno rispetto all’anno precedente) e gli anticipi sono stati in totale solamente 51mila. Per Opzione donna, invece, i dati sono ancora più eloquenti: solamente 151 richieste nel primo trimestre del 2023 contro le 4.185 dello stesso periodo del 2022.