Una piazza che sia una partenza, non un punto d’arrivo. Una piazza che dia il via a una protesta contro il governo che non si fermi con la manifestazione di Roma. Una piazza che sia anche un luogo per iniziare a mettere insieme diverse anime, diverse idee e diversi punti da cui far nascere un fronte comune contro l’esecutivo di Giorgia Meloni. Il Movimento 5 Stelle punta ad allargare quanto più possibile la mobilitazione contro un governo sordo, non disposto ad ascoltare e accogliere le proposte delle opposizioni.
E lo fa aprendo il palco alla società civile, ai cittadini, alle associazioni, a tutti coloro i quali possono portare un punto di vista che racconti il mondo reale e non quello descritto da Meloni e dai suoi alleati. #BastaVitePrecarie è lo slogan, esemplificativo dell’esigenza di portare all’attenzione il tema della precarietà e delle condizioni del mercato del lavoro.
Più welfare e meno bombe
L’intenzione, però, è quella di allargare lo sguardo e di far luce su tutte le tematiche che riguardano in prima persona i cittadini e che il governo ignora: dal taglio del Reddito di cittadinanza al No al salario minimo, dallo stop al Superbonus alla contestazione della riforma dell’Autonomia. Proprio per questa ragione parliamo di un palco aperto, dal quale anche e soprattutto la società civile può lanciare l’allarme: pochi gli interventi dei parlamentari e degli eletti pentastellati proprio per lasciare spazio a testimonianze concrete.
Dall’Arci all’Acli, da Libera al Forum disuguaglianze e diversità, passando per la Rete dei numeri pari e l’associazione Esodati Superbonus: tanti gli interventi da un palco, volutamente senza il brand del Movimento, che allargano la discussione su questioni spesso non affrontate nelle aule parlamentari. Non può mancare il richiamo alla guerra all’Ucraina, allo stop all’invio di armi e al rifiuto – come sottolineato dall’ex presidente della Camera Roberto Fico – dell’utilizzo dei fondi del Pnrr per la produzione di munizioni. Secco anche il rifiuto del ddl Calderoli sull’Autonomia, che la Rete dei numeri pari definisce “un progetto eversivo” che aumenterebbe le disuguaglianze. Inevitabile un richiamo allo sblocco dei crediti incagliati del Superbonus, così come la necessità di richiamare un cambiamento dell’attuale modello di sviluppo “fondato sullo sfruttamento”, come richiamato dall’Arci.
La comunità giovanile
In una piazza rivolta ai giovani non può mancare un’apertura alle nuove generazioni con l’avvio di un percorso, ancora nella sua fase embrionale, per far nascere una comunità di under 36 all’interno dei 5 Stelle. Il primo incontro di questo nuovo laboratorio si è tenuto proprio ieri a Roma, con l’idea di far partire una serie di tavoli programmatici e poi strutturarsi in un vero e proprio movimento giovanile in autunno.
Campo comune
La piazza contro il governo non è destinata a essere l’ultima, di certo. Da oggi si punta ad allargare questo percorso, coinvolgendo associazioni, società civile e anche altre forze politiche. C’è un campo comune al fronte progressista, che di certo si può ritrovare unito sui temi della precarietà o sul salario minimo. Su cui è possibile dare vita a un “percorso comune”, come lo definisce Fico.
E per questo, come spiega la senatrice Alessandra Maiorino, in piazza non si vuole mandare un messaggio solo al governo, “ma anche a tutto il campo progressista, per dire che è ora di reagire”. La prima piazza di una lunga serie, dunque, come chiedono anche le associazioni. Per la Rete dei numeri pari, per esempio, questa è l’occasione anche per rilanciare altre manifestazioni come quella del 30 settembre contro l’Autonomia e a difesa della Costituzione.
Perché di fronte a un governo che non ascolta i cittadini né le opposizioni, c’è una sola soluzione: “Se le piazze diventeranno tante, se i cittadini faranno valere la loro voce”, allora Meloni sarà costretta ad ascoltare.