Berlusconi, Valentini: “Siamo ormai alla santificazione mediatica”

Parla il giornalista Giovanni Valentini: "Sui quotidiani è in atto una beatificazione sconcertante".

Berlusconi, Valentini: “Siamo ormai alla santificazione mediatica”

Con la morte di Berlusconi, si è chiusa un’era. Giovanni Valentini (ex direttore dell’Europeo e dell’Espresso e già vicedirettore di Repubblica, autore della rubrica ‘Il sabato del villaggio’ sul Fatto Quotidiano), qual è il suo giudizio sull’ex leader di Forza Italia?
“Bisogna distinguere, innanzitutto, l’uomo d’affari dall’uomo politico. Il primo è stato tanto abile quanto spregiudicato. Basterebbe ricordare che nella sua attività immobiliare ebbe la ‘fortuna’ di comprare terreni agricoli che poi qualche giunta socialista, in modo generoso, trasformò in terreni edilizi e quindi edificabili. Sul piano politico, il giudizio non può che essere assolutamente negativo perché Berlusconi ha trasferito nella sua attività gli stessi criteri con cui faceva l’affarista. Da tycoon televisivo si è trasformato in leader politico, senza avere una cultura politica e senza avere neanche un partito. Io stesso ho sempre definito Forza Italia un ‘partito di plastica’: non celebra un congresso da anni, è pieno di debiti e senza alcuna linea di successione perché Berlusconi ha azzerato e annullato tutti i potenziali eredi. In ultimo, faccio notare che come politico non è riuscito a fare quella rivoluzione liberale che aveva promesso ed è morto lasciando in dote una reazione illiberale e autoritaria rappresentata dal governo Meloni”.

Da televisioni e giornali si è alzato un coro quasi unanime per descrivere l’ex Cavaliere come un grande statista, ignorando inchieste e processi…
“Guardi, qualche settimana fa avevo scritto sul Fatto un ‘coccodrillo di buon augurio per il Caimano’ nel quale prevedevo che ci sarebbe stata una beatificazione: sono stato facile profeta. Oggi si rappresenta la figura e la storia di Berlusconi, certamente rilevante, con tutte luci e nessuna ombra. Basterebbe fare un confronto con la stampa estera per vedere la differenza. Da noi è un coro di elogi, quasi una santificazione; mentre sui giornali inglesi, tedeschi o spagnoli, sono espressi giudizi molto pesanti che fra l’altro coinvolgono l’Italia e il popolo italiano che ha eletto Berlusconi. Sui nostri media, quasi nessuno ha ricordato che è stato condannato con sentenza definitiva per frode fiscale, un reato commesso non da un comune cittadino ma da un politico che è stato quattro volte presidente del Consiglio. Sono passate sotto silenzio anche le numerose estinzioni dei procedimenti, causate non dalla lentezza della nostra Giustizia ma da norme e lodi, le cosiddette leggi ad personam, che hanno favorito la decorrenza dei termini. Deve essere chiaro che Berlusconi non era stato ‘perseguitato’ dalla Giustizia perché era entrato in politica, come lui ha sempre sostenuto; ma era entrato in politica per non essere perseguito dalla Giustizia”.

Qualche giornale, pur unendosi al cordoglio, non ha omesso di ricordare i tanti motivi per i quali Berlusconi resta un personaggio controverso. Secondo lei è questo il modo corretto di fare comunicazione?
“Credo che il rispetto per un defunto sia doveroso, ma non giustifica l’azzeramento della memoria. Questa comunicazione a senso unico, fatta solo di luci e niente ombre, è così generalizzata nell’informazione italiana che assomiglia a una cappa soffocante di conformismo e di piaggeria, al limite del culto della personalità. Non s’infanga la memoria di Berlusconi se si parla dei suoi trascorsi giudiziari e dei suoi comportamenti, dalle cene eleganti a Ruby di Mubarak, fino alle sue frequentazioni amichevoli e fraterne con Vladimir Putin, perché fanno parte del suo background. Per tutte queste ragioni, credo sia stato giusto e dovuto concedergli i funerali di Stato, ma non il lutto nazionale che coinvolgerà tutti, anche chi non lo ha votato. Parlando di comunicazione televisiva, a parte il solito Vespa che organizza le sue trasmissioni con ospiti compiacenti che intonano una litania in coro, ho visto perfino che RaiNews 24 ha ricordato Berlusconi, la sera della sua morte, invitando tutti ospiti legati al Centrodestra”.

Proprio la comunicazione è stato uno dei pallini dell’ex Cavaliere. Qual è stato l’impatto di Berlusconi sul modo di comunicare di media e della politica?
“Ha spettacolarizzato la comunicazione, deformandola. Nei talk show si andava per litigare e non per discutere e confrontarsi. Adesso queste trasmissioni sono a senso unico e vengono costruite per fare l’apologia del governo e del Centrodestra. Siamo arrivati all’assurdo che si fanno le conferenze stampa senza i giornalisti: questa è la dimostrazione definitiva della degenerazione mediatica causata da Berlusconi. Ormai il contraddittorio non esiste più e si sono affermati due modelli: il primo è quello di Vespa che litiga o finge di litigare con l’ex premier Giuseppe Conte per contrapporre le proprie idee personali; il secondo è quello in cui le interviste vengono condotte con domande-assist che servono solo a dare l’imbeccata all’interlocutore. È una spettacolarizzazione in cui molti comunicatori si trasformano spesso in ‘comunicattori’, con due t”.

Tanti politici hanno espresso il cordoglio per la morte di Berlusconi. Ma di critiche non se ne sono sentite tante e addirittura la Schlein ha deciso di rinviare la direzione del Pd…
“Quello di Elly Schlein è un gesto apprezzabile di rispetto e di cordoglio. E poi, il Pd ha già perso tanto tempo: basti pensare ai cinque mesi che ci sono voluti per fare il congresso dopo le dimissioni di Enrico Letta, per cui un giorno in più o un giorno in meno per convocare la direzione non cambia molto. Nell’era di Berlusconi, il vero problema della nostra vita politica è stato quello di cui parlai già nel 2009 in un libro intitolato ‘La sindrome di Arcore’ che, come avviene nella sindrome di Stoccolma, ha portato molti italiani a innamorarsi del loro tiranno mediatico”.

 

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