A seguito della morte di Silvio Berlusconi s’è deciso di rinviare il Consiglio supremo di Difesa, sono stati annullati i lavori del Senato e s’è fissata una celebrazione solenne per il prossimo 20 giugno, alla Camera si è deciso di non votare (chissà per quale strano motivo un voto parlamentare dovrebbe essere una mancanza di rispetto) e si organizzerà presto una commemorazione, il Pd – partito d’opposizione – ha rinviato la direzione nazionale, oltre ai funerali di Stato è stato proclamato il lutto nazionale mai concesso negli ultimi 30 anni a un ex presidente del Consiglio (eccetto Leone e Ciampi, che sono stati però presidenti della Repubblica), le bandiere sono a mezz’asta in tutte le sedi di enti pubblici con annesso sbizzarrimento di alcune regioni che si cimentano in giochi di luci e di proiezioni, le scuole sono invitate a osservare un minuto di silenzio, i negozi potrebbero abbassare le saracinesche mentre saranno Rai, Mediaset, La7 e Sky a trasmettere le esequie in diretta con il prevedibile carrozzone di ospiti contriti.
C’è una via di mezzo tra la barbarie di gioire per la morte di qualcuno e la barbarie di usare un lutto per rimpolpare la propaganda e cancellarne le gravi responsabilità. Quella via non è stata percorsa. Utilizzare l’umana empatia con il dolore di una scomparsa per sospendere la politica e lo Stato e per imporre una falsa narrazione è la messa in opera del più grande lascito di Berlusconi: populismo sfrenato e disinibito. Così anche un morto diventa una buona clava.