“Fare la radio è un lavoro in continuo mutamento, non puoi mai smettere di imparare” Passano le mode musicali, cambiano le tecnologie, si modificano in continuazione i palinsesti, davvero pochi, e sempre di meno, sono i punti fermi che rimangono come riferimento assoluto per gli ascoltatori. Uno di questi è sicuramente la voce di Mary Cacciola, autentico punto fermo della programmazione.
Sei partita dal profondo sud, quanto è stato più difficile emergere?
“Non mi sono mai troppo preoccupata di limiti o difficoltà che avrei potuto avere, anche perché non credevo avrei fatto questo lavoro per la vita. Ho iniziato a fare radio a Reggio Calabria a quindici anni, mi faceva evadere da una situazione familiare poco serena ma, da grande, avrei voluto fare tutt’altro: la penalista o la psicologa. Dopo il diploma mi sono trasferita a Roma per continuare gli studi. E invece, come nelle migliori delle tradizioni, l’università l’ho solo occupata per poco tempo (periodo del movimento “La Pantera”) mentre la radio mi offriva la grande opportunità di rendermi indipendente divertendomi.La me ventenne ha fatto ciao ciao all’università e ha abbracciato per sempre microfono e cuffie. Ma oggi non lo consiglierei”.
Hai un record di permanenza notevole a Capital, cosa ti ha convinta a rimanere sempre nella stessa radio? Hai mai pensato di vivere esperienze diverse?
“Quando sono arrivata a Capital ho capito che era amore, un vero colpo di fulmine, una relazione che, come tutti i miei grandi amori, ha vissuto momenti idilliaci e momenti tesissimi. In diversi periodi avrei voluto cambiare casacca ma, quando mi sono arrivate delle proposte non erano o il momento o la radio giusta. Quando ho cercato di muovermi io non era il momento giusto per gli altri, per fortuna. Se vai via da una radio che senti tua come se fosse casa, devi farlo perché sei convinta che andrai a fare meglio, essendo apprezzata e potendo esprimerti al massimo senza dover scendere a compromessi insopportabili. La libertà di essere chi sono, nel bene e nel male, che ho avuto e ho a Radio Capital, non credo l’avrei avuta in altri posti”.
Sei stata la voce ufficiale de La 7 per tanti anni, quale è il tuo rapporto con la televisione e con la radio che sbarca in televisione?
“Sinceramente sono molto felice di non fare la radiovisione! Mi distrarrebbe troppo e soprattutto mi leverebbe molta spontaneità, mi verrebbe più da pensare a che smorfie faccio (ho un vasto repertorio) piuttosto che a quello che dico. Non amo neanche “guardare” gli altri che fanno la radio in TV ma guardo sicuramente il resto: film, serie, show…un po’ di tutto. Devo ammettere che mi sarebbe piaciuto molto fare, almeno una volta, un provino davanti alle telecamere ma per fare la TV, e non la radio in TV. Il sogno era fare la nonna delle vallette della Gialappa, la nonna delle Letteronze. Comunque non me lo hanno mai proposto. Amen! Fare la voce de La7 è stata un’esperienza magnifica, completamente diversa da quella radiofonica, ho imparato tantissimo”.
Quanto ritieni che gli ascoltatori seguano una radio per sentire un certo tipo di musica e quanto, invece, siano legati ai conduttori, a prescindere da generi e format?
“Oggi, con tutte le possibilità che ci sono per ascoltare la musica, ti affidi alla radio per quel qualcosa in più che solo Lei ti può dare: la sequenza, il suono diverso, l’effetto sorpresa e, soprattutto, quello che dirà il dj/conduttore per accompagnarla. Se ascolti la radio, in primis, cerchi di qualcuno che ti intrattenga, ti informi, che ti strappi un sorriso o magari che ti faccia riflettere, l’ascoltatore sceglie chi lo accompagna. Anche perché, la maggior parte delle radio, passa la stessa musica con lo stesso formato… può fare la differenza solo chi è al microfono: la voce, il carisma, i contenuti, il lessico, anche le pause! Capital, invece, viene scelta innanzitutto per la musica ma, anche qui, ci sono le preferenze per i conduttori”.
Tra i tanti colleghi, ma anche tra gli ospiti con cui hai collaborato a Capital, a chi ti senti più legata e da chi pensi di avere imparato di più?
“Ho fatto incontri fortunati: su tutti Antonella Condorelli, che mi ha insegnato cosa sia la professionalità, la preparazione, l’empatia che deve crearsi con gli ospiti, il rispetto dell’artista e dell’ascoltatore. Poi Carlo Mancini, il direttore che mi portò a Capital e che mi ha dato linee guida fondamentali, Andrea Lucatello, con cui ho condotto “Non c’è Duo senza Tè” per 13 anni, con tanta crescita umana condita dalla sua leggerezza un po’ british e la mia pesantezza calabrese, Edoardo Buffoni, che affianco nel “TG Zero” mi colpisce sempre per preparazione e curiosità. E poi Linus, lo so che sembra una sviolinata ma è quello da cui, da sempre, cerco di rubare cose. Fare la radio è un lavoro in continuo mutamento, non puoi mai smettere di imparare!”.