Quando si pensa alla guerra la mente vola ai colpi di cannone, ai missili e alle innumerevoli vittime innocenti. Eppure quello su cui pochi mettono l’accento è sull’uso della comunicazione che durante un conflitto diventa un’arma tagliente, capace di creare nemici e di plasmare l’opinione pubblica. Si tratta di una dinamica che non risparmia neanche la guerra in Ucraina dove, con la propaganda dilagante e rigorosamente bipartisan, talvolta si fa fatica a capire chi ha fatto cosa e perché ma, soprattutto, appare impossibile avere certezze assolute come ci dimostra il caso della distruzione dei due gasdotti Nord Stream 1 e 2 che, secondo la Cia, sarebbe stata decisa dal governo di Kiev e non da quello di Mosca.
La verità sul sabotaggio del gasdotto Nord Stream in un rapporto della Cia
Peccato che per mesi i giornaloni, spinti dalla propaganda ucraina e dalle dichiarazioni – almeno iniziali – degli Stati Uniti, ci hanno ripetuto fino alla nausea che il sabotaggio è stato effettuato dalle forze armate russe e che sul punto non c’era granché da discutere. Così quotidianamente si assisteva ad approfondimenti in cui si provava a spiegare, in realtà con risultati tutt’altro che soddisfacenti, che l’ordine non poteva che essere partito dal Cremlino e che lo scopo era chiaramente quello di ricattare l’Unione europea visto che proprio il Nord Stream 1 e 2 trasportavano il prezioso gas russo nel continente. Il tutto rinunciando ai miliardi di euro derivanti dalla vendita della lucrosa materia prima, vero e proprio ossigeno per finanziare l’immane sforzo bellico, e mandando al macero decenni di buone relazioni con l’Ue.
Insomma una ricostruzione forzata su cui, però, non si poteva sindacare e chi lo ha provato a fare, veniva messo alla berlina e spacciato per ‘eretico’. Destino che è toccato anche al giornalista investigativo statunitense nonché vincitore del premio Pulitzer nel ‘70, Seymour Hersh, che a inizio febbraio aveva smantellato le tesi occidentali spiegando che, a suo avviso, non poteva essere stata opera di Vladimir Putin e che le responsabilità non potevano che essere altrove, per la precisione alla Casa Bianca. Come scriveva Hersh a colpire sarebbero stati i corpi scelti della Marina degli Stati Uniti che, mesi prima l’attentato del 26 settembre dell’anno scorso, avevano piazzato potenti esplosivi sotto i gasdotti Nord Stream. Un’azione che, sempre secondo il reporter, sarebbe avvenuta “con la complicità dei militari norvegesi”.
Una tesi che non trovò grande eco né sulla stampa statunitense e né su quella europea, salvo sporadici articoli in cui si faceva a pezzi la reputazione del giornalista ‘per l’uso di fonti anonime’ – ignorando che queste spesso sono alla base del giornalismo d’inchiesta – oppure dove veniva bollata la sua ricostruzione come falsa. Quello a cui pochi hanno dato risalto è, però, l’insolito silenzio di Washington dove l’amministrazione di Joe Biden ha preferito trincerarsi dietro il silenzio più assoluto mentre la Cia, pochi giorni dopo, ha fatto trapelare sui media americani l’ipotesi – guarda caso suffragata da ‘fonti anonime e ben informate’ – che scaricavano la responsabilità su gruppi filoucraini non collegati al governo di Volodymyr Zelensky.
Tutto chiarito? Macché. Martedì sul Washington Post è stato pubblicato un articolo potenzialmente esplosivo in cui si racconta una storia ben diversa da quella che è stata imposta alla masse perché gli Stati Uniti sarebbero stati al corrente dei piani di attacco ucraini al Nord Stream 1 e 2 da giugno 2022, ossia tre mesi prima dell’attacco. Non solo. Nell’articolo vengono citati file ufficiali che sembrerebbero essere quelli pubblicati da Jack Teixeira, il ventenne americano dell’Air National Guard arrestato in quanto avrebbe spifferato documenti riservati del Pentagono sulla nota chat Discord. Ironia della sorte dai documenti verrebbe fuori una ricostruzione che ricalca quasi alla perfezione proprio quando aveva scritto Hersh a febbraio, con la sola eccezione che l’attacco sarebbe stato pianificato dall’entourage di Zelensky e non da quello di Biden.
Stando così le cose non si può che parlare di un sabotaggio gravissimo, perché di questo si tratta. Un vero e proprio attacco terroristico, perché di questo si deve parlare, consumato sul suolo europeo e a danno dell’Unione europea con l’aggravante che a commetterlo sarebbero stati gli alleati ucraini che noi stessi continuiamo a foraggiare con aiuti militari sempre più micidiali e sul cui utilizzo, alla luce di quanto emerso dallo scoop del Washington Post, nessuno può più garantire. Ma l’attacco al Nord Stream 1 e 2 dovrebbe far riflettere soprattutto il mondo ovattato dei media mainstream che dovrebbero ben comprendere il concetto di ‘propaganda’ e quindi farebbero bene ad indagare per assolvere al ruolo di ‘quarto potere’.