C’è subbuglio – come sempre – dentro il Pd dopo la scelta dei nuovi membri dell’ufficio della presidenza a Montecitorio. Da una parte la minoranza rumoreggia per la retrocessione da vicepresidente a segretario di Piero De Luca.
La minoranza del partito parla di vendetta, il solitamente flebile Lorenzo Guerini sventola addirittura l’idea di uno “scalpo politico” in cui il figlio sarebbe stato abbattuto per colpire il padre, quel Vincenzo De Luca presidente della Campania che ieri ha messo in scena il suo solito show contro la sua segretaria Elly Schlein.
È curiosa questa idea che la minoranza del Pd non abbia compreso che chi perde un congresso inevitabilmente perda anche le posizioni da cui si guida il partito. Tra i nuovi vicepresidenti del Partito democratico spunta a sorpresa Paolo Ciani, parlamentare e segretario di un’altra forza politica, DemoS (Democrazia Solidale), di ispirazione cristiano-sociale. Membro della comunità di Sant’Egidio, Ciani è uno che dice senza troppi giri di parole di non credere “nella vittoria militare, cioè armare l’Ucraina perché possa vincere”.
A gennaio infatti è stato l’unico del suo gruppo a votare contro il decreto che prolungava l’invio di armi a Kiev. “Nel nostro popolo questa discussione c’è, è un fronte molto più ampio di come è rappresentato nei numeri del gruppo”, spiega Ciani. Che però poi aggiunge di non avere nessuna intenzione di iscriversi al Pd.
A questo punto la domanda sorge spontanea: a che popolo si rivolge la segretaria Schlein? E come pensa di tenere insieme un partito se la sua forza è fuori? Il cerchiobottismo, male atavico del Pd, non è la soluzione.