L’Olaf, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode, ha aperto diverse indagini sui fondi del Pnrr. Pur non nominando gli Stati membri coinvolti, ha comunque spiegato che le indagini riguardano quelli che definisce come modelli classici. Parliamo, per esempio, di errori negli appalti pubblici o nella progettazione dei sistemi di controllo degli aiuti. Sono questi alcuni degli elementi più rilevanti emersi dalla relazione annuale pubblicata oggi dall’Olaf.
Al di fuori del Pnrr, l’Ufficio ha anche raccomandato di recuperare 426 milioni di euro che potrebbero finire nel bilancio dell’Ue, ma che sono finiti in frodi o in altre irregolarità: parliamo di risorse derivanti dall’uso dei fondi Ue nel 2022. Durante lo scorso anno sono state 256 le indagini concluse dall’Olaf, emettendo in totale 275 raccomandazioni alle autorità nazionali e alle istituzioni comunitarie. Le nuove indagini aperte sono state 192, dopo oltre mille analisi preliminari. Inoltre sono stati deferiti alla procura europea 71 casi di possibili reati.
I fondi che l’agenzia ha chiesto di recuperare nel 2022 sono meno di quelli dell’anno precedente, quando la cifra ammontava a 527 milioni di euro. Però, viene spiegato, questo dato è poco indicativo perché dipende molto dal numero di indagini portate effettivamente a termine.
L’Italia è il Paese con più frodi in Ue dopo l’Ungheria: i dati oltre il Pnrr
L’Olaf fornisce anche i dati relativi ai singoli Paesi: l’Ungheria è lo Stato membro in cui si segnala il maggior numero di inchieste nel 2022, con 15 casi chiusi di cui 10 che si sono conclusi con una raccomandazione di recuperare i fondi. Al secondo posto c’è l’Italia: le inchieste concluse sono state dieci, contro le nove della Francia.
Non sono esenti dai controlli anche le istituzioni europee. Sono 38 le indagini concluse per comportamento fraudolento o irregolare da parte di persone e membri dell’Ue, 16 delle quali del Parlamento europeo e sette della Commissione. La maggior parte delle accuse riguardanti le indagini dell’Olaf sono state per collusione, brogli di appalti pubblici, possibili conflitti d’interesse e fatture con prezzi superiori a quelli di mercato.