Come già visto più volte, il Governo ha chiesto l’ennesima fiducia alla Camera sul decreto Pubblica amministrazione. Michele Gubitosa, deputato e Vicepresidente M5S, come mai la Meloni sfugge da ogni confronto in Aula?
“Innanzi tutto, questo approccio evidenzia la totale incoerenza di Meloni e dei suoi, che dall’opposizione criticavano aspramente, anche con parole molto gravi, l’uso della fiducia o della decretazione d’urgenza da parte del secondo governo Conte. In quei mesi, però, il Paese doveva affrontare l’emergenza determinata dalla pandemia e le sue drammatiche conseguenze. Oggi, invece, una volta al governo e in un periodo decisamente meno emergenziale, usano la fiducia ben più di quanto non si facesse allora. Detto questo, mi sembra che questo esecutivo sia contrario a priori al confronto per una sorta di pregiudizio politico. Il massiccio ricorso alla fiducia e l’atteggiamento in sede di discussione delle misure, sia nelle Commissioni che in Aula, sono indici del fatto che gli spunti che arrivano dall’opposizione non verranno mai colti proprio perché non si vuole dare ragione all’avversario politico. Un comportamento miope, che finisce per ricadere sul futuro del Paese. E chissà che non ci sia anche il timore di una spaccatura all’interno della maggioranza, perché l’impressione è che non sia così unita come vorrebbe far credere all’esterno”.
Nel decreto Pubblica amministrazione il governo ha provato a far passare la riorganizzazione del ministero della Difesa ma è stato costretto al dietrofront. Tuttavia rimane la figuraccia, non trova?
“Partiamo, direi, dalla cosa più importante: il blitz per rivedere l’assetto di un settore strategico come quello della Difesa è stato sventato. Resta la gravità di un tentativo portato avanti, questo sì, con il favore delle tenebre. Un progetto che aveva il solo risultato di svilire il ruolo del Parlamento e che denotava una grave mancanza di sensibilità e rispetto istituzionali. Poi, certo, è anche l’ennesima figuraccia, ma a quelle ci hanno abituati, basti pensare che sono riusciti a non raggiungere la maggioranza assoluta sulla Nota di aggiornamento al Def. Un vero e proprio capolavoro al contrario, una lectio magistralis in incompetenza”.
Davanti al Pnrr che accumula ritardi, il provvedimento prevede lo stop ai controlli sui progetti da parte della Corte dei Conti. Non le sembra una soluzione esagerata?
“Per fare un paragone assurdo, sarebbe come eliminare le radiografie per ridurre le liste d’attesa negli ospedali. E poi come troviamo le fratture? Metafore a parte, mi sembra non solo esagerato, ma anche molto grave. Sembra che si voglia stendere un velo di opacità sulla gestione del Pnrr. Il governo ha per caso qualcosa da nascondere? O forse ha semplicemente paura di ammettere che non è in grado di portare a termine i fondamentali progetti di cui necessita il Paese? Del resto, per una volta gli esponenti di Fratelli d’Italia dimostrano coerenza: si sono sempre astenuti sul Pnrr, forse sapevano di non esserne all’altezza”.
Anche la Commissione europea ha richiamato il governo sulla necessità di effettuare controlli sul Pnrr. Che ne pensa?
“Non è il primo avviso della Commissione a questo governo. Purtroppo, il ruolo del nostro Paese a livello internazionale sta pesantemente risentendo dell’arrivo a Palazzo Chigi della Presidente Meloni e dei suoi. Se poi gli scontri con l’Europa nascessero dalla volontà dell’esecutivo di tutelare i più fragili, saremmo i primi a spalleggiarli e non faremmo mai mancare il nostro sostegno. Ma l’impressione è che alla base ci sia tutt’altro: incapacità, superficialità, pressapochismo. E purtroppo, nel caso specifico, anche la volontà di sfuggire agli organi di controllo e di autoassegnarsi patenti di affidabilità”.
Dall’Anac alla Banca d’Italia e dalla Corte dei Conti al Quirinale, questo governo sembra allergico a ogni controllo. Perché secondo lei?
“Forse il governo pensa di non avere bisogno di controlli, o forse, più probabilmente, li teme. Quel che è certo è che l’esecutivo andrebbe preso per mano e accompagnato nel suo lavoro, per evitare danni irreparabili per il nostro Paese. Queste istituzioni, questi organi di controllo, sono una imprescindibile garanzia di equilibrio e un ingrediente assolutamente indispensabile per il corretto funzionamento di una democrazia. Anche se comprendiamo che, con riferimenti politici come Orban, questa potrebbe non essere la prima preoccupazione del governo Meloni”.
Il Pnrr da occasione irripetibile sembra essere diventato un problema, come se questi 200 miliardi fossero una sorta di iattura. Che si sente di rispondere?
“Francamente mi sembra grave e grottesco che il problema sia diventato avere troppi soldi da spendere. Non essere in grado di farlo è un insulto ai cittadini. Il Presidente Conte, nel peggior momento per il Paese dal dopoguerra a oggi, è tornato da Bruxelles con oltre 200 miliardi per l’Italia. Perderli sarebbe un peccato capitale. Detto questo, come abbiamo già ripetuto più volte, non è nostra intenzione fare polemiche sterili o pretestuose. Siamo, al contrario, a disposizione del governo per lavorare insieme, in modo tale che questa irripetibile occasione non venga gettata alle ortiche. L’Italia non se lo può assolutamente permettere”.
L’Europarlamento ha votato con un plebiscito per utilizzare parte del Pnrr per acquistare armi e munizioni. Qual è il suo giudizio?
“Sono molto perplesso. Quei fondi dovevano servire per rilanciare i Paesi che avevano pagato un alto prezzo alla pandemia. Sono risorse che devono essere utilizzate per progetti strutturali, per migliorare infrastrutture, sanità, istruzione, transizione ecologica, digitalizzazione. Non per comprare nuove armi e gettare benzina sul fuoco del conflitto in atto. Ma del resto sembra che l’unica soluzione alla guerra, secondo quasi tutti i partiti italiani, sia continuare a inviare armamenti. Noi persistiamo nel credere che si debba invece ragionare su un cessate il fuoco, una mediazione diplomatica e una soluzione negoziale”.