Il congresso permanente del Pd inizia di prima mattina, ieri, nei giornali in edicola. L’ex candidata alla segreteria Paola De Micheli, già vicesegretario del Partito democratico ed ex ministro delle Infrastrutture e Trasporti sveglia La Verità per attaccare la segretaria Schlein e decide di andarci pesante.
Dal flop alle Comunali alle armi a Kiev. Bordate alla segretaria del Pd Scheil da Moretti, De Micheli & C.
“Non sono una signora da Ztl: al Pd serve un cambio di passo, e un bagno di realtà. Dobbiamo tornare a parlare con le persone. Ricominciamo dai bisogni quotidiani: lavoro, sanità, imprese. Serve più peso nelle proposte. Abbiamo bisogno di profondità. Altrimenti non si riconosceranno in noi tutte le sensibilità che potenzialmente il Pd può rappresentare”, dice De Micheli che a Schlein ricorda che “quando diventi segretaria del partito occorre trovare mediazioni o comunque rappresentare la maggioranza degli elettori. Sulla maternità surrogata, o su chi imbratta i monumen i per protesta, la maggioranza del partito ha posizioni fortemente critiche. E dalla segreteria ci aspettiamo un a sintesi”.
Altro giornale di destra altra intervista. Qui e l’europarlamentare del Pd Alessandra Moretti che a Libero spiega che “Elly Schlein deve essere la segretaria anche dei cattolici moderati e dei riformisti. Deve stare al di sopra delle correnti” e anche “dei fedelissimi”, facendosi “aiutare da tutti, a partire da chi ha fatto la storia di questa comunità: Prodi, Veltroni, Finocchiaro, Turco, Castagnetti”. Anche in questo caso si parla di “riconoscimento delle ragioni reciproche”.
Nel Partito democratico non si sono ancora spenti gli sbuffi del voto a Bruxelles sulle armi a Kiev
Non è solo questione di rassegna stampa. Nel Pd non si sono ancora spenti gli sbuffi del voto a Bruxelles sulle munizioni per l’Ucraina quando nuove polemiche arrivano proprio dell’Emilia Romagna, la Regione di cui Schlein è stata vicepresidente. Gli scritti del Pd lamentano di non riuscire ad avere più contatti con lei (l’isolamento della segretaria in realtà è una critica che arriva da più parti) quando invece ci sarebbe da mettersi in moto per le elezioni amministrative del 2024 che toccheranno città importanti come Modena, Forlì, Cesena, Ferrara e Reggio Emilia.
Finita qui? Per niente. Per mancanza di candidati il Partito democratico del Lazio si trova nell’inedita situazione di non sapere come e con chi celebrare le primarie del 18 giugno per leggere il segretario regionale dopo la scomparsa di Bruno Astorre. Il candidato della minoranza Mariano Angelucci decide di congelare la corsa contro Daniele Lodori, sostenuto dalla maggioranza schleiniana, da Nicola Zingaretti, Marco Miccoli, Marta Bonafoni e Claudio Mancini.
“Ci stiamo provando con tutto il cuore a dare una mano a rinnovare il Pd Lazio e il gruppo dirigente che ha perso ogni competizione possibile negli ultimi anni”, accusa Angelucci: “Abbiamo perso le elezioni nazionali, regionali, tutti i capoluoghi e tutte le maggiori città del Lazio, esclusa Roma. Nonostante questo, senza alcuna presa di responsabilità nei confronti della nostra comunità, senza alcuna discussione, confronto con gli iscritti, senza alcuna disponibilità a fare un passo di lato viste le numerose sconfitte, Leodori e tutto quel gruppo dirigente che ha governato e fatto tutte le scelte politiche cha hanno determinato queste sconfitte si è candidato a governare il partito. Tutto legittimo, ma in tutti questi anni di militanza ho imparato che c’è la legittimità e poi c’è l’opportunità politica e la scelta tra bene personale e bene comune”.
A pagare, come sempre, è la credibilità del partito
Stando a quanto ricostruiscono fonti romane del Pd, Angelucci avrebbe voluto saltare la fase del congresso che prevede la consultazione degli iscritti per andare direttamente alle primarie. Per qualcuno è solo “ricerca di visibilità”. A pagare, come sempre, è la credibilità del partito.