Incurante del parere della Corte dei Conti e delle osservazioni che arrivano dalla Commissione europea il governo passa dalle minacce ai fatti. E così l’emendamento al decreto Pa, all’esame della Camera, con cui si sottrae alla Corte dei Conti il controllo sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, è stato approvato ieri. Il giorno prima le opposizioni avevano ottenuto che l’emendamento venisse accantonato per consentire l’audizione dei magistrati contabili. L’audizione ieri c’è stata, la Corte dei Conti ha bocciato l’emendamento in questione ma la maggioranza ha tirato dritto e ha deciso di approvarlo ugualmente. Le commissioni Affari Costituzionali e Lavoro della Camera hanno licenziato il provvedimento e il testo approderà in Aula lunedì prossimo.
Pnrr, Gentiloni puntualizza: controlli su eventuali frodi e corruzioni spettano a sistemi nazionali
Sulla questione, dicevamo, si fa sentire la Commissione europea che spiega che all’esecutivo comunitario non compete il controllo sulle frodi sul Pnrr e che questo spetta agli organismi presenti in tutti gli Stati. “Ho un titolo che non mi permette di entrare nel merito delle scelte del governo del mio Paese”, ha puntualizzato il commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni che però non si esime dal mandare alcuni messaggi precisi. “Spetta ai sistemi di controllo dei vari Paesi, e l’Italia ne ha ottimi, controllare fenomeni di frode, di corruzione, doppia spesa dei diversi fondi europei. Questo non lo possiamo controllare da Bruxelles per 27 Paesi. Esistono le autorità preposte nei singoli Paesi. Credo che questo sia già chiaro a tutti, sicuramente è chiaro al governo italiano”, ha detto Gentiloni. Insomma chi ha orecchie per intendere, intenda.
La contrarietà della Corte dei Conti: senza controllo rischio atti illegittimi e più ricorsi
La Corte dei Conti, in attuazione dell’art. 22 del dl n. 76 del 2020, ha istituito il Collegio del controllo concomitante presso la Sezione centrale di controllo sulle amministrazioni dello Stato. L’obiettivo è quello di intervenire in itinere durante l’attuazione di un piano, programma o progetto, esercitando un’azione acceleratoria e propulsiva dell’azione amministrativa e assicurando, al contempo, il corretto impiego delle risorse rimesse alla gestione pubblica. Questo è quanto stabilito ai sensi della legge, questo è quanto ha ribadito il presidente della Corte dei Conti, Guido Carlino, nel corso della sua audizione alla Camera. Il controllo concomitante – ha spiegato – “ha la finalità specifica di consentire una funzione propulsiva” sul Pnrr.
Controllo che “è ritenuto più moderno rispetto al controllo tradizionale sulla gestione” e consente una migliore collaborazione con la Pa fornendo i “suggerimenti per un migliore perseguimento degli obiettivi”. Carlino rifiuta il termine di “bavaglio” per le proposte del governo ma allo stesso tempo esprime “contrarietà” agli emendamenti al dl Pa per semplificare l’attuazione del Pnrr, pur rimettendosi “alla determinazione del legislatore”. Questo non gli impedisce di far notare che “se viene meno il controllo della Corte dei Conti c’è una maggiore libertà dell’amministrazione, un possibile aumento degli atti illegittimi e dei ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato ma anche un aumento dei ricorsi al giudice ordinario perché il danno comunque sussiste”.
La rappresaglia contro la Corte dei Conti il governo la covava da tempo
Al Senato, nel corso del question time, con un discorso da azzeccagarbugli il ministro Raffaele Fitto spiega che, relativamente al Pnrr, la disciplina specifica sul controllo della Corte dei Conti è da trovarsi nell’articolo 7 del decreto-legge n. 77 approvato durante il Governo Draghi. In particolare, detta disposizione affida alla Corte dei Conti il controllo dei fondi del Pnrr nella modalità del controllo successivo sulla gestione e non del controllo concomitante. In pratica vuole controlli ex post. Il governo, ieri pomeriggio ha, peraltro, anche incontrato i magistrati contabili e ha partorito l’idea di un ennesimo tavolo con loro, nella prospettiva di una revisione della disciplina della responsabilità erariale, del meccanismo di controllo concomitante e dell’adozione di un codice dei controlli.
Praticamente su tutte materie su cui l’esecutivo ha deciso di tirare dritto, in barba a quanto pensa e dice la Corte dei Conti, dalla decisione di sfilargli il controllo sul Pnrr a quella di prorogare lo scudo erariale, che registra anche questa la contrarietà dei giudici. La rappresaglia contro la Corte dei Conti il governo la covava da tempo. Ma sono stati tre gli “episodi” che hanno portato Meloni e i suoi a decidere di usare il manganello contro di loro.
A fine marzo nella relazione alle Camere la Corte dei Conti ha informato che era stato speso solo il 6% dei fondi. Poi un mese fa l’altra botta è arrivata con due delibere del collegio del controllo concomitante con cui si contestava il mancato raggiungimento della milestone sulle stazioni di rifornimento per l’idrogeno stardale e quella sull’installazione delle colonnine elettriche, chiamando in causa i ministri dell’Infrastrutture e dei trasporti (Matteo Salvini) e dell’Ambiente (Gilberto Pichetto Fratin).
In quell’occasione Fitto replicò sostenendo che quel genere di osservazioni spettavano solo all’esecutivo comunitario (Gentiloni ha messo in chiaro le cose). Ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso di un governo allergico ai controlli è stata la Relazione 2023 sul coordinamento della finanza pubblica di una settimana fa con cui i magistrati contabili hanno certificato che nei primi 4 mesi di quest’anno sono stati spesi appena 1,155 miliardi sui 33,8 programmati entro dicembre. Ma questo governo, ripetiamo, è allergico ai controlli. Dall’Anac ai tecnici di Camera e Senato, dalla Corte dei Conti a chissà chi sarà il prossimo organismo autonomo e indipendente che – prima o poi capiterà – gli muoverà delle critiche.