Se qualcuno aveva ancora dubbi, il governo di Giorgia Meloni non fa nessun passo in avanti per cercare la pace ma, al contrario, porta a casa il settimo decreto armi in favore dell’Ucraina. Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale è diventato realtà il settimo decreto per l’invio di armamenti in Ucraina, con un provvedimento a firma del ministro della Difesa, Guido Crosetto, di concerto con i ministri degli Esteri e dell’Economia.
Dopo quindici mesi di guerra in Ucraina, il copione è sempre lo stesso con il governo che si mette l’elmetto e approva l’ennesimo decreto
Insomma dopo quindici mesi di guerra in Ucraina, il copione è sempre lo stesso con il governo che si mette l’elmetto in testa e approva l’ennesimo decreto, bypassando il Parlamento e ignorando la volontà degli italiani che, sondaggi alla mano, non sono così convinti che fornendo altre armi – per giunta sempre più avanzate – possano condurre alla tanto agognata pace.
Un modus operandi legittimo ma che silenziando le opposizioni ed evitando ogni dibattito pubblico, finisce per alimentare il malcontento dell’opinione pubblica. E pensare che proprio la Meloni, in campagna elettorale, sembrava pensarla diversamente visto che ribadiva il suo rispetto per il funzionamento delle Camere. Un concetto che ha rimarcato anche in numerose occasioni ufficiali, non ultima quella del 15 dicembre, a margine del Consiglio europeo, quando gonfiava il petto raccontando del plauso di Bruxelles per la legge di Bilancio che, secondo lei, “credo chiami alla responsabilità il parlamento italiano” affinché arrivi “a un’approvazione veloce (della legge di Bilancio, ndr), chiaramente tenendo conto dei passaggi parlamentari necessari che ho sempre difeso e che continuo a difendere”.
Quali siano o quanto ci costeranno le armi che forniremo a Kiev resta un giallo
Parole che, strano ma vero, la stessa Meloni sembra essersi dimenticata visto che con il suo Governo il ricorso a questo strumento è estremamente frequente. Intanto in relazione al settimo decreto armi, l’unica certezza che abbiamo è che ne forniremo altre a Volodymyr Zelensky. Ma quali siano o quanto ci costeranno resta un giallo per il provvedimento, illustrato mercoledì al Copasir dal ministro Crosetto, è stato – come sempre – secretato. Da quello che è trapelato il nuovo pacchetto di armi ricalcherebbe i precedenti e riguarderebbe soprattutto la fornitura di sistemi di difesa antimissilistica, equipaggiamenti contro il rischio Nbcr (nucleare, biologico, chimico e radiologico, ndr), veicoli blindati, obici, lanciamissili e munizionamento vario.
Proprio per la presenza del segreto, è difficile capire con precisione quanto ci sta costando l’invio di armi. A fare una stima ci ha provato Milex, l’osservatorio sulle spese militari italiane, secondo cui già al 23 marzo scorso scriveva che “applicando i meccanismi di calcolo derivanti dalla pluralità di scelte messe in campo (nello studio, ndr) otteniamo per l’Italia ad oggi un costo già sicuro di 838 milioni di euro e un costo in prospettiva di oltre 950 milioni di euro”.
Secondo Ukraine support tracker, l’Italia ha già messo sul piatto 660 milioni di dollari in aiuti militari, 310 di aiuti finanziari e 50 di aiuti umanitari
Una previsione che è stata confermata dall’Ukraine support tracker, un sito specializzato, secondo cui l’Italia ha già messo sul piatto 660 milioni di dollari in aiuti militari, 310 milioni di aiuti finanziari e 50 milioni di aiuti umanitari. Una cifra che, evidentemente, andrà aggiornata al rialzo dopo l’approvazione del settimo decreto di invio di armi a Kiev e a questa guerra che sembra destinata a dura a oltranza. Del resto appare chiaro a tutti che una vittoria sul campo con una potenza nucleare non è possibile e che continuando a fornire armi senza tentare di portare Vladimir Putin e Zelensky al tavolo delle trattative, questo conflitto rischia di diventare eterno.