“B-Side”, programma storico che spopolò a Radio Deejay, è tornato protagonista della sera su Radio Capital. Alessio Bertallot ha sempre amato sperimentare, mettersi in gioco in direzioni diverse sin da quel lontano 1992 quando, con i suoi Aereoplanitaliani, stupì la platea del Festival di Sanremo con una pausa di silenzio di 30 secondi, cosa mai accaduta durante un’esibizione. Da allora la sua carriera, che si è divisa tra quella di cantante e deejay, è sempre stata all’insegna dell’innovazione e della scoperta di nuove strade da percorrere.
Che tipo di ascoltatori hai trovato rientrando in una radio “tradizionale” dopo la tua lunga avventura sul web?
“Sostanzialmente quello che avevo lasciato: il trasporto degli ascoltatori verso la radio tradizionale è sempre lì. Credo sia dovuto al fatto che ascoltare la radio in diretta è percepito come un’esperienza di comunità. Credo che la radio tradizionale sia vissuta come palcoscenico unico, determinante, come opinion leader. La radio è semplice, mentre l’infinità di offerte che la rete ha messo a disposizione crea anche disorientamento, se non la famosa “intossicazione ermetica” di Hillman. Tutto bene, quindi. Ma credo che il pubblico tradizionale debba anche cogliere le opportunità del nuovo, in particolare dell’ascolto on demand dei programmi radiofonici, o i podcast. Ho la sensazione che per molti ascoltatori tradizionali non ci sia ancora questa familiarità. Peccato: si perdono un’opportunità di prossimità con i contenuti che cercano”.
Sei stato uno dei primi a credere alla possibilità di veicolare contenuti a pagamento in rete in un contesto in cui il “tutto gratis” sembrava essere un must.
“Devo dire che, seppur lentamente, stanno cambiando quei costumi e quelle convinzioni sociali che avevano distorto la percezione del valore dei contenuti fruiti dalla Rete. La tecnologia in questo senso aiuta: oggi è diventato molto più facile affidarsi a una piattaforma che gestisca e semplifichi una transazione economica. Soprattutto sta crescendo una consapevolezza: acquistare un servizio o un contenuto è giusto e spesso significa garanzia di qualità. In ogni caso è una scelta, ed è la scelta stessa che dà valore”.
La ricerca musicale prima avveniva nei negozi di dischi, oggi la rete offre possibilità teoricamente infinite.
“Infatti. È proprio per questo che la nuova edizione di “B-Side” a Radio Capital si concentra sulle relazioni fra le musiche e i musicisti, tra passato e presente, fra cultura, tradizione e innovazione. Fra storie di musicisti e tecniche musicali: gioco (to play) ai “contenuti correlati… a mano”. Potrei dire che l’avvento della rete restituisce qualcosa di quello che prima aveva tolto ai Dj, divulgatori, operatori musicali vari: l’essere attrezzati a organizzare informazioni in cultura. Per fare una ricerca per una puntata di “B Side” come la faccio oggi, anni fa ci avrei messo mesi, ora ci metto ore. Naturalmente se sai cercare, confrontare, controllare e mettere in relazione le informazioni o le musiche che la rete offre a portata di click. Dopo il Big Bang della Rete e il conseguente “brodo primordiale”, quella materia si sta organizzando ed è tecnologicamente accessibile. Sento sempre di più che il mio ruolo è culturale. Mi illudo che sia anche di ri-costruzione culturale”.
In passato avresti scommesso sulla resistenza del supporto fisico (vinile) in pieno 2023?
“Dopo essermi spaccato la schiena a portare in giro due borse da 20 Kg di dischi, diciamo che non l’avrei auspicato. Ma non ci credo, comunque. Per me è solo una forma di curiosità o feticismo. Capisco che possa fare piacere acquistare un vinile, ma credo che non sia importante avere un supporto particolare: l’importante è avere la Musica e le relative, corrette, informazioni. Voglio vedere chi si alza ogni 20 minuti dal divano per mandare avanti la playlist”.
Se oggi sei un esordiente sperimentare, sia come deejay che come musicista sembra essere più complicato. Cosa pensi al riguardo e quali suggerimenti daresti a chi cerca di ritagliarsi uno spazio nel contesto musicale attuale?
“La sperimentazione in musica, sia per gli artisti, che per questo paese e sistema che gli accoglie, è un valore sostenibile? Forse lo sarebbe se un giovane artista che vuole trovare nuovi percorsi, avesse la sensazione che può ricavarne anche un futuro. Forse lo sarebbe se i musicisti non fossero considerati intrattenitori, “non necessari”, come furono definiti durante la pandemia e come tali trattati, a differenza di quello che è successo in molti altri paesi. Il suggerimento che posso dare a un musicista o a un Dj che voglia sperimentare è quello di cercare di rendersi conto del punto della mappa in cui è. Vedere la situazione nel suo insieme. Avere una consapevolezza strategica”.