Fisco, lavoro, migranti, Piano nazionale di ripresa e resilienza, Mes. Sono diversi i richiami che il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha mandato al governo Meloni nelle sue Considerazioni finali, le ultime prima di lasciare, dopo 12 anni, la guida di via Nazionale. Richiami precisi su capitoli e campi d’azione su cui le destre stanno andando in direzione ostinata e contraria rispetto a quello che via Nazionale ritiene cosa buona e giusta.
A colpi di scudi penali e di nuovi regali agli evasori, l’unico salario minimo che piace alle destre è quello per chi froda il Fisco
Sul fisco “nessun intervento può realisticamente prescindere dai vincoli posti dal nostro elevato debito pubblico, né dai principi di progressività e capacità contributiva sanciti dalla Costituzione”, avvisa Banca d’Italia. Peccato che il governo stia mettendo a repentaglio proprio quei principi. Vedi la flat tax. La misura cara soprattutto alla Lega, e che il governo ha fissato come obiettivo di legislatura, è stata criticata da via Nazionale già nel corso di un’audizione in Parlamento. La tassa piatta mette in discussione il principio di equità, rischia di aumentare i divari favorendo i redditi alti e per finanziarla si potrebbe finire per ricorrere a tagli di spesa pubblica, mettendo a repentaglio un sistema di welfare già precario.
E a condividere tali obiezioni con Bankitalia sono stati anche la Commissione europea, il Fmi e l’Ufficio parlamentare di bilancio. E poi c’è il capitolo evasione. L’evasione fiscale e la diffusione del lavoro sommerso continuano ad alterare i meccanismi concorrenziali a danno delle imprese con maggiori potenzialità, ha spiegato Bankitalia. Ebbene il governo Meloni a partire dalla Manovra sta mettendo a terra misure non contro l’evasione fiscale ma per l’evasione. La maggioranza mai sazia ha, peraltro, presentato al disegno di legge delega per la riforma fiscale tutta una serie di emendamenti che continuano a strizzare l’occhio agli evasori.
Tra le proposte di modifica – come scrive il Fatto Quotidiano – ci sono meno sanzioni per le imprese che saranno escluse dal nuovo concordato preventivo biennale perché colpevoli di aver frodato l’erario. Azzeramento degli interessi per chi evade il Fisco e – scoperto – aderisce all’accertamento o firma una conciliazione. E ancora: un allargamento del condono penale previsto nel decreto Bollette anche ai casi di dichiarazioni fraudolente tramite uso di fatture. Tutte misure che si aggiungono alla cancellazione del superbollo e all’abolizione della tassa sulle transazioni finanziarie.
Del resto cosa aspettarsi da una premier che parlando di lotta all’evasione fiscale ai piccoli commercianti ha parlato di “pizzo di Stato”? E che questo sia un governo che liscia il pelo ai corrotti lo testimonia l’approvazione da parte della maggioranza – come ricorda sempre il Fatto Quotidiano – a fine anno di un ordine del giorno di Enrico Costa (Azione) per cancellare la legge Bonafede sulla prescrizione, la cosiddetta Spazzacorrotti. Ordine del giorno che oggi Costa traduce in un emendamento al decreto Enti locali, in discussione alla Camera.
Se Giorgia Meloni continua a opporsi all’idea di una legge che ponga fine alle buste paga da fame, Visco ritiene che un salario minimo possa rispondere a non trascurabili esigenze di giustizia sociale. Se il governo smantella il decreto Dignità, che arginava la precarizzazione del mercato del lavoro, il governatore della Banca d’Italia ricorda che in molti casi il lavoro a termine si associa a condizioni di precarietà molto prolungate. La quota di giovani che dopo cinque anni si trova in condizioni di impiego a tempo determinato resta prossima al 20%. Un dato significativo che porta a Visco ad aggiungere come “troppi, non solo tra i giovani non abbiano un’occupazione regolare o, pur avendola, non si vedono riconosciute condizioni contrattuali adeguate”.
Se il governo fa la faccia cattiva con i migranti, il responsabile di Bankitalia sottolinea la necessità di aumentarne il saldo nel medio periodo perché anche con più donne e ragazzi la produttività non decollerebbe senza il contributo degli stranieri. “Gli effetti del calo della popolazione nelle età centrali – sono le sue parole – potranno essere mitigati nel medio periodo, oltre che da un allungamento dell’età lavorativa, solo da un aumento del saldo migratorio”. Visco richiama dunque l’importanza di politiche ben concepite di formazione e integrazione, indispensabili per l’inserimento dei migranti nel tessuto sociale e produttivo.
L’esecutivo non spiega come intende cambiare il Pnrr. Accantonato per ora il bavaglio alla Corte dei Conti
Sul Pnrr non c’è più tempo da perdere, ammonisce Visco. Ma il governo al posto di spingere sull’acceleratore e recuperare i ritardi che ha accumulato vuole mettere il bavaglio a chi questi ritardi li certifica. Il governo ha presentato al dl Pa, all’esame della Camera, l’emendamento che sottrae alla Corte dei conti il controllo sul Recovery plan. La proposta è stata poi accantonata. Prima ci sarà l’audizione dei magistrati contabili. Intanto la relazione semestrale sul Piano che il ministro Raffaele Fitto ha presentato nella cabina di regia conferma che le proposte di modifica verranno spedite in Europa solo ad agosto.
Sebbene Bruxelles avesse sollecitato perché arrivassero il prima possibile. Inoltre c’è poco da aspettarsi da tale relazione, che sarà inviata ora in Parlamento, in merito allo stato di attuazione del Pnrr e su quello che intende fare il governo per recuperare i ritardi. “Nella seconda metà del mese di giugno si terranno incontri tecnici con i servizi della Commissione Ue per verificare l’ammissibilità delle richieste di modifica e/o riprogrammazione”, si legge nella relazione.
“Appena saranno concordate le modalità e i termini per la revisione complessiva del Piano, il Governo presenterà al Parlamento il quadro aggiornato delle proposte di revisione, prima della trasmissione ufficiale alla Commissione europea”. Dunque tempo al tempo. Inoltre Fitto conferma che per la quarta rata, legata agli obiettivi da centrare entro il primo semestre, alcuni progetti come gli asili nido verranno rivisti per spostarli più in là. In ballo per questa tranche ci sono 16 miliardi. Al governo che continua a far melina sulla ratifica del trattato sul Mes, Visco replica ritenendola indispensabile.
Salario minimo necessario. Persino Bankitalia l’ha capito
Dall’analisi spietata su un mercato del lavoro segnato da contratti precari e basse retribuzioni all’invito a introdurre anche in Italia un salario minimo. Dall’avvertimento a non perdere ulteriore tempo sul Piano nazionale di ripresa e resilienza a quello a non oscurare i principi di progressività e capacità contributiva sanciti dalla Costituzione nei disegni di legge di riforma del fisco. E infine la raccomandazione a non abbassare la guardia sulla lotta all’evasione fiscale. Sono questi alcuni dei messaggi che Ignazio Visco manda al governo Meloni nelle sue Considerazioni finali, le ultime prima di lasciare via Nazionale a novembre dopo 12 anni di mandato da governatore.
“Come negli altri principali paesi, l’introduzione di un salario minimo, definito con il necessario equilibrio, può rispondere a non trascurabili esigenze di giustizia sociale”, dichiara Visco. Se la diseguaglianza nelle retribuzioni orarie è rimasta contenuta tra gli occupati dipendenti del settore privato, la quota di lavoratori con retribuzioni annue particolarmente basse, convenzionalmente inferiori al 60% del valore mediano della distribuzione, pari oggi a 11.600 euro annui, è ancora salita, fino al 30%, dal 25% degli ultimi anni del secolo scorso.
“Con la maggiore diffusione del lavoro temporaneo e di quello a tempo parziale è sensibilmente aumentato il numero di quanti oggi hanno un impiego solo per una parte dell’anno”, ha argomentato ancora il governatore. E particolarmente desolante è la situazione che riguarda i lavoratori giovani. Il 20% di loro dopo 5 anni sono ancora precari e troppi non si vedono riconosciuti dei contratti adeguati. Anche se sul Pnrr “miglioramenti sono possibili”, tuttavia “non c’è tempo da perdere”, ha spiegato Visco ricordando che il Piano “rappresenta un raro, e nel complesso valido, tentativo di definire una visione strategica per il Paese”. È quindi “cruciale dare attuazione all’ambizioso programma di riforme, da troppo tempo attese, in esso contenuto”.
Spiccano nelle valutazioni e nell’analisi del governatore i passaggi sulla riforma fiscale. Via Nazionale già nel corso di un’audizione in Parlamento aveva criticato la flat tax giudicandola poco realistica per un paese con un ampio sistema di welfare, soprattutto alla luce dei vincoli di finanza pubblica. E aveva ravvisato anche il rischio che l’estensione dei regimi sostitutivi possa ridurre l’equità del sistema e ampliare i divari. Ieri Visco ha rilanciato tutti i dubbi e le perplessità di Bankitalia sulla riforma fiscale cara al governo.
“Una ricomposizione del prelievo che riduca il peso della tassazione sui fattori produttori può stimolare l’occupazione e gli investimenti”, suggerisce il governatore spiegando che “nessun intervento può realisticamente prescindere dai vincoli posti dal nostro elevato pubblico né dai principi di progressività e capacità contributiva sanciti dalla Costituzione”.
E non sarà certo sfuggito a chi di dovere il richiamo sulla necessità di indicare coperture che non siano aleatorie e ballerine. Ogni eventuale aumento di spesa o riduzione di entrata, anche nell’ambito delle riforme già annunciate quali quella del fisco o dell’autonomia differenziata, non potrà prescindere dall’identificazione di coperture strutturali adeguate e certe. L’evasione fiscale e la diffusione del lavoro sommerso, ha poi ricordato il governatore, continuano ad alterare i meccanismi concorrenziali a danno delle imprese con maggiori potenzialità. Insomma chi ha orecchie per intendere, intenda.