È stata una batosta elettorale per il Pd e il Movimento.
Siria Luciani
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Gentile lettrice, mi limito a poche, pedestri osservazioni. Per il Pd, incardinato da sempre nelle amministrazioni di Comuni, Province e Regioni, il ballottaggio è stato un terremoto magnitudo 7. Per i Cinque Stelle, abituati alla disfatta nel voto locale (Appendino e Raggi sono preistoria), è stato uno sciame sismico minore. L’effetto Schlein, di cui cianciavano i giornali, era una bolla di sapone: nessuno fa miracoli in due soli mesi alla guida d’un partito. Però la Schlein ci ha messo del suo. Invece di esporre un manifesto politico nuovo e aggressivo, la donzella esordì con l’intervista a Vogue in cui annunciava che lei e la sua fidanzata si servono di una armocromista, professione lautamente pagata di cui milioni di italiani, me compreso, ignoravano l’esistenza. Pensava che disoccupati e proletari, estasiati dalle sue giacche fighette, corressero in massa a votare il Pd al caviale? La Schlein poi, riferendosi al M5S, dice che fare alleanze “non è solo compito nostro”. È vero, ma una minima base in comune sarà pur necessaria. Come si conciliano il M5S e un partito che non ha speso una parola pro Reddito di cittadinanza, ha ostacolato il varo del salario minimo e vota per comprare armi all’Ucraina coi soldi del Pnrr? Il M5S alle politiche fu il primo partito in 9 regioni del sud, ma ora la carica si va esaurendo, anche perché è boicottato da tutto l’universo informativo. Oggi Conte ha bisogno di audacia e scelte molto decise, se vuole riprendere l’iniziativa, ridare speranza e riportare i Cinque Stelle sulla cresta dell’onda.
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