La situazione di alcune Rsa e strutture riabilitative del Lazio denunciata a La Notizia dalla Cgil Fp Roma e Lazio e da uno dei tanti dipendenti delle strutture stesse è al limite della legalità. Carenza di personale, contratti inadeguati e turni massacranti sono le criticità di diverse strutture accreditate dalla regione che da quanto ci viene riferito oltre a sovraccaricare il personale non forniscono un’adeguata assistenza ai pazienti ricoverati.
Nelle Rsa laziali c’è poco personale, paghe da fame e turni massacranti. Una dipendente accusa: “Così ci rimettono i pazienti”
Eppure c’è chi giura come il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca che questi istituti privati siano la soluzione per decongestionare i pronto soccorso romani. Una scommessa su cui Rocca ha puntato 23 milioni di euro di denaro dei cittadini laziali a fronte dei quali restano seri dubbi sull’adeguatezza dei controlli: il governatore ha nominato 7 ispettori per i pronto soccorso laziali mentre sui privati non risulterebbero verifiche.
“La situazione è cambiata dal 2012 con un contratto peggiorativo che ci ha tolto 400 euro in in busta paga. Nella Rsa dove lavoro c’è carenza di personale perché nessuno vuole venire a lavorare a 1.150 euro al mese – ci racconta una dipendente di una Rsa che preferisce restare anonima per paura di perdere il posto di lavoro -. E quelli che vengono assunti spesso vanno via poco dopo. Per mia esperienza le Rsa sono piccole realtà che assumono poco personale e chi ci rimette sono sempre i pazienti purtroppo. In più c’è da dire che quelli che vengono assunti spesso non sono adatti. I medici ad esempio sono tutti pensionati che lavorano come liberi professionisti ed hanno problemi di salute anche loro, così non fanno la notte ed in caso di emergenza chiamiamo l’ambulanza. Anche il personale non fa la notte perché sono turni che costano troppo e che la Rsa non vuole pagare. Inoltre vorrei aggiungere che anche noi non siamo giovanissimi e abbiamo tutti oltre i 50 anni e io personalmente solo dopo 25 anni di lavoro sono arrivata a guadagnare 1.450 euro al mese. In pratica facciamo lo stesso lavoro di chi sta nelle strutture pubbliche ma senza le stesse garanzie e lo stesso stipendio. Ci dicono che non adeguano i contratti perché la rette pagate dai pazienti sono troppo basse e vorrebbero che andassimo in Regione a protestare, un vero ricatto a cui non ci abbassiamo”.
Per Rizzuto della Cgil-Fp Lazio: “A parità di formazione e lavoro il privato paga 800-900 euro in meno del pubblico”
E il sindacato? “Le faccio un esempio: il 23 maggio in una Rsa dell’Asl Roma 1 c’era, per 80 posti letto su 4 piani, un solo infermiere e questa cosa si verifica costantemente a causa dei contratti peggiorativi, ossia ad ogni rinnovo del contratto si assiste ad un peggioramento delle condizioni retributive e lavorative, ci spiega Massimiliano Rizzuto della Cgil-Fp Roma e Lazio. Ma questo non avviene solo nelle piccole Rsa ma anche nei grandi gruppi privati che come avrà visto hanno monopolizzato il settore, perché la concorrenza con il pubblico non esiste”.
Poi c’è il tema della differenza contrattuale tra pubblico e privato. “A parità di formazione e lavoro nel privato si guadagnano 800-900 euro al mese in meno – prosegue Rizzuto -. Il piano di Rocca che coinvolge i privati per aumentare i posti letto e decongestionare i pronto soccorso con i soldi dei cittadini non so se funzionerà, ma occorre controllare che, oltre a incassare i fondi, queste strutture abbiano il personale necessario in grado di assolvere quanto richiesto”.
Già, il tema dei temi, quello dei controlli. “Le assicuro che i controlli in queste strutture non ci sono dalla pandemia e quelli effettuati sono fatti di mattina non di notte quando in pratica non c’è nessuno – aggiunge il rappresentante sindacale -. Il personale è poco soprattutto dopo l’ultimo concorso pubblico dove sono stati assunti circa 5mila infermieri di cui la maggior parte lavorava nelle Rsa. Noi siamo andati in regione ed abbiamo incontrato Rocca chiedendo che vengano fatti controlli sui numeri del personale nelle strutture accreditate perché cosi ci rimettono sia i pazienti che i lavoratori”.
Un punto su cui il sindacato non intende indietreggiare. “Diversamente non escludiamo di presentare denunce in procura – conclude Rizzuto -. Ho visto Oss messi a pitturare i muri di recinzione, perché questi lavoratori pur di non perdere il posto fanno anche questo. Meritano di essere tutelati e ricevere la giusta retribuzione e dovrebbe essere la stessa regione a garantirlo”.