L’Emilia Romagna è devastata ma si è sfiorata la tragedia in tutta l’Italia. Si può riassumere così l’ultimo report settimanale dell’Osservatorio Anbi sulle Risorse Idriche. Secondo il rapporto mentre l’attenzione si concentrava – giustamente – sulla tragedia alluvionale in Emilia Romagna, in Italia si è sfiorata l’emergenza idrogeologica anche in altre zone. Questa, però, è stata evitata solo per casualità, diverse condizioni geomorfologiche o grazie ad un territorio meno stressato.
I dati dimostrano che ad innescare l’inondazione nelle province di Ravenna e Forlì sono stati soprattutto gli eccezionali apporti idrici, scesi dai territori appenninici e collinari: a Bibbiana, frazione di Palazzuolo sul Senio, in 36 ore sono caduti ben 407 millimetri di pioggia, mentre nello stesso lasso di tempo a Premilcuore, nel bacino del Montone, se ne sono registrati mm. 368, di cui mm. 120 nelle prime 10 ore; a ciò va aggiunta un’ulteriore cinquantina di millimetri piovuti nei giorni successivi.
Sulla pianura, invece, negli stessi giorni si registrava una cumulata pluviale di circa 80 millimetri, mentre in altre zone d’Italia si creavano le condizioni per ulteriori emergenze meteo, che devono indurre a quanto mai urgenti riflessioni sulle misure di contrasto alle conseguenze della crisi climatica: a Paternò, in provincia di Catania, in 24 ore sono caduti 210 millimetri di pioggia (fonte: Servizio Informativo Agrometeorologico Siciliano), così come mm. 120 si sono registrati nella vicina Linguaglossa; analogamente, in diversi comuni della provincia di Nuoro, in 24 ore si sono abbattuti tra i 150 ed i 215 millimetri di pioggia, registrati a Dorgali.
L’Emilia Romagna è devastata ma si è sfiorata la tragedia anche in altre regioni
“È evidente come di fronte all’estremizzazione dei fenomeni atmosferici sia necessario un grande piano di adeguamento della rete idraulica del Paese, aumentando la resilienza dei territori. La vita delle comunità e l’economia del Paese non possono essere lasciate alla mercé degli eventi meteorologici: senza sicurezza idrogeologica non può esserci sviluppo” ribadisce Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi).
Nel frattempo, in tutta Italia, alvei fluviali ed invasi lacustri hanno in larga parte, ma non definitivamente, recuperato l’enorme gap accumulato in mesi di siccità estrema. I grandi bacini del Nord sono tornati in salute: il lago Maggiore, con un ulteriore incremento di 10 centimetri nel livello, registra una percentuale di riempimento pari al 94,1%, mentre il Lario è al 74,7%; esemplare è il caso del Sebino che, dopo settimane sotto media, non solo è al 97,9% di riempimento, ma ha addirittura toccato il massimo storico del periodo.
Pur in evidente ripresa grazie alle abbondanti piogge, il lago di Garda (oggi al 63,6% di riempimento) resta ancora nettamente sotto i livelli medi stagionali. In Valle d’Aosta spiccano i dati di crescita delle portate nel torrente Lys e nella Dora Baltea che, lungo il corso, ha sfiorato anche i 290 metri cubi al secondo (mc/s).
L’Italia sottosopra
Il Po raggiunge, dopo circa due anni, livelli di portata superiori alla media con punte di piena, tipiche del periodo autunnale (ad Isola Sant’Antonio ha superato i 3400 metri cubi al secondo), segnando addirittura uno stato di criticità moderata a Torino. In Piemonte, i volumi idrici trattenuti dalle dighe della Baraggia (Ravasanella, Ostola ed Ingagna), pur restando nettamente deficitari rispetto alla media del periodo, hanno ridimensionato l’enorme gap, raccogliendo in pochi giorni 2 miliardi e 300 milioni di litri d’acqua.
In tutta la regione gli effetti dell’ultimo ciclone si sono ripercossi pericolosamente sulle portate dei corsi d’acqua minori, schizzate ai livelli dei più importanti fiumi italiani (ad esempio: Pellice, mc/s 362; Chisone, mc/s 250; Cervo mc/s 254). Per fare un raffronto, l’Adda quest’anno, così come nel 2022, per lungo tempo ha avuto portate attorno ai 50 metri cubi al secondo, mentre il Po è arrivato a toccare, a fine dello scorso Luglio, mc/s 104.
Tra gli altri fiumi piemontesi spiccano le portate ormai inusuali di Orco (mc/s 182 mc/s con punte di mc/s 237), Tanaro ( mc/s 739 con punte di mc/s 811), Stura di Lanzo (mc/s 346, con punte di mc/s 539). A conferma di modalità pluviometriche fortemente differenziate, in Lombardia i fiumi non registrano crescite clamorose come nel confinante Piemonte: l’Adda scende addirittura di portata, toccando mc/s 148 mc/s, il valore più basso in anni recenti ad eccezione del siccitoso 2022; anche Serio ed Oglio risultano in calo.
L’Emilia Romagna piange ma l’emergenza idrogeologica è forte in tutto il nord
Il deficit di risorsa idrica si attesta a – 26,4% rispetto alla media del periodo, ma è +52% rispetto alla problematica annata 2022. In Liguria sono in crescita le altezze idrometriche dei fiumi Magra ed Argentina, mentre calano Entella e Vara. Oltre ai dati alluvionali, in Emilia Romagna va citato il caso del fiume Secchia, la cui portata si è attestata a lungo su mc/s 226, minacciando una tracimazione, che avrebbe aggravato un già tragico bilancio; nel complesso quadro idrologico regionale sorprende il calo di portata, registrato invece dalla Trebbia.
In Veneto, rispetto ad una settimana fa, i fiumi tornano a scendere: il livello dell’Adige cala di 90 centimetri, quello della Livenza di oltre 1 metro ed il Piave di circa 60 centimetri; in decremento sono anche Bacchiglione e Brenta.
Crescono le portate dei fiumi in Toscana con ottime performance di Arno ed Ombrone. Dopo l’allarme dei giorni scorsi tornano a livelli più rassicuranti i fiumi delle Marche (Foglia, Esino, Sentino) nei territori maggiormente interessati dalle abbondanti piogge della settimana scorsa; stabile è la Nera mentre cresce la Potenza. Con quasi 5 milioni di metri cubi d’acqua invasata in pochi giorni, i bacini delle dighe marchigiane sono ormai a soli 6 milioni di metri cubi dal massimo volume autorizzato.
In Umbria crescono i fiumi Tevere e Chiascio. Nel Lazio, dopo aver toccato anche i 7 metri di livello idrometrico a Roma, il fiume Tevere si attesta ora ad un’altezza di circa 6 metri, mentre è ancora in crescita la portata dell’Aniene.
Sorride solo il centro-sud
Oltre ad avere causato frane e disagi in provincia di Frosinone, il maltempo aveva provocato un repentino aumento di livello del Liri, creando apprensione per la sua tenuta; ora il livello si è stabilizzato pur rimanendo al di sopra della media degli ultimi anni. Buone notizie arrivano per i laghi di Bracciano e Nemi, i cui livelli guadagnano ancora qualche centimetro.
Al Sud, i livelli del Volturno sono in forte aumento lungo tutto il corso dal Molise alla Campania, dove continua a crescere anche il Garigliano, che si attesta ad un livello ben superiore alla media del periodo. Infine, gli invasi della Basilicata ad oggi trattengono 42 milioni di metri cubi in più rispetto all’anno scorso mentre, in Puglia, il surplus nei 4 bacini della Capitanata sfiora i 45 milioni (questa settimana: +10 milioni di meri cubi).
“Accanto all’urgente necessità di efficientamento dell’esistente, la fotografia pluviometrica dell’Italia rafforza la nostra richiesta di nuove infrastrutture idrauliche, soprattutto nel Nord del Paese, ad iniziare da invasi capaci di aumentare la sicurezza idrogeologica, creando al contempo riserva idrica per i momenti di bisogno. Ancora una volta – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di Anbi – della recente ondata di maltempo conteremo solo i danni, incapaci di gestire una risorsa di cui, a breve, potremmo tornare a sentire la mancanza in ampie zone del Paese”.