C’è qualcuno che, un po’ malignamente, già parla di “pietra di scambio”. Certo è che, al di là delle malelingue, la nuova amministrazione Rai non poteva certamente partire col piede sbagliato. E così le sigle sindacali hanno avuto gioco facile a farsi promettere un impegno concreto (vedremo poi quanto concreto) su quegli stessi argomenti sui quali invece il precedente amministratore delegato, Carlo Fuortes, non aveva dato alcuna risposta.
Il nuovo Ad della Rai Sergio spegne la protesta a colpi di promesse. Così la nomina dei direttori sarà una passeggiata
E così lo sciopero generale che pure le sigle sindacali Rai avevano annunciato, non si terrà. Merito – se così vogliamo chiamarlo – del nuovo Ad Roberto Sergio (nella foto) e del neo direttore generale Giampaolo Rossi. I quali “nell’incontrare le Segreterie Nazionali hanno espresso una sostanziale convergenza con le preoccupazioni sulla questione del Canone, e hanno garantito il loro sostegno alle richieste del Sindacato tutto, per assicurare certezza di risorse alla Rai, così come la realizzazione in tempi certi e brevi del nuovo contratto di Servizio”. Non solo.
Secondo quanto comunicato ancora dalle organizzazioni, Ad e direttore “hanno anche dato l’apertura a discutere in tempi brevi di un Piano Industriale ed Editoriale, che contempli rinnovamento tecnologico e risorse necessarie per tutti i Centri di Produzione e le Sedi regionali. Una sostanziale consonanza quindi con le rivendicazioni sindacali, che hanno fatto del piano industriale, con le risorse per il rinnovamento tecnologico dei Centri di Produzione e le Sedi regionali la loro bandiera”.
Meglio di così non si poteva, insomma. Tanto che su questi presupposti “e su esplicito invito dell’Amministratore Delegato e del Direttore generale”, sarebbe iniziata una serrata trattativa per arrivare a un accordo che permettesse la revoca dello Sciopero del 26 maggio e delle azioni di lotta collegate. Trattativa che, come detto, si è conclusa con la revoca dello sciopero.
A questo punto, ovviamente, la domanda che in tanti si pongono è capire se questo risultato corrisponde a una vittoria o ad una sconfitta. Difficile dirlo. Bisogna infatti partire dall’assunto che era inevitabile – e forse secondo molti anche architettato a dovere – si arrivasse a questo punto. Per un motivo molto chiaro: alzare i toni con un amministratore delegato in uscita significava ovviamente arrivare al punto che ad occuparsi concretamente della patata bollente sarebbe stata la gestione successiva. Esattamente come capitato.
E i nuovi amministratori come primo atto evidentemente non possono porsi in contrasto con i lavoratori e le lavoratrici. Più che una vittoria del Cda, dunque, pare più un atto dovuto. Ora bisognerà capire se effettivamente Rossi e Sergio faranno gli interessi del personale interno. Un dubbio legittimo dato che per adesso non c’è nulla se non impegni presi a parola.
C’è però un risultato concreto cui si è arrivati. Ovvero che dal personale sicuramente non sorgeranno polemiche per le nomine che saranno licenziate dal Cda il prossimo 25 maggio. Nomine che, se non si fosse arrivati a questo accordo con le sigle sindacali, sicuramente avrebbero fatto discutere. E torniamo al punto di partenza: una sorta di moneta di scambio secondo qualcuno.
Al di là di come la si veda, tempo qualche giorno e avremo i nuovi direttori di genere e testate con una chiara virata a destra (da Gian Marco Chiocci al Tg1 fino a Marcello Ciannamea al Prime Time, da Paolo Corsini agli Approfondimenti fino ad Antonio Preziosi a capo del Tg2), senza che invece sia stato fatto nulla di concreto per risolvere i problemi segnalati dalle sigle sindacale. È la Tv, bellezza.