Quanti svarioni in tv con le parole straniere. Ma i giornalisti impareranno mai qualche lingua?
Vito Balestra
via mail
Gentile lettore, non sottovaluti le capacità dei giornalisti italiani, specie quelli sportivi, che sono in grado di storpiare i nomi in qualunque lingua del mondo. Scherzi a parte, c’è da dire che il giornalismo “parlato”, in radio o tv, espone certe lacune molto più del giornalismo scritto. Credo di aver già raccontato che, quando in Francia fu eletto presidente il semisconosciuto Sarkozy, un collega mi chiese: “E questo come si pronuncia?”. “Sarcozì” dissi. Ma andò in onda per giorni dicendo “Sacròzi” con inversione di due consonanti e accento sulla o. Altro esempio, “no-stop”: si sente ovunque e ormai fa parte dell’italenglish, ma in inglese si dice “non-stop”. Vede, il mondo è pieno di malintesi linguistici. Sa da dove deriva “benzina”? Dai veneziani che compravano dagli arabi un olio combustibile chiamato “luben Jawi” (incenso di Giava). I veneziani presero “lu” per “lo” e storpiarono il resto, pronunciando “lo ben zaui”, in seguito “la ben zaui” e poi “la benzina”. Ma l’equivoco più tragico riguarda il popolo dei filippini. Furono per tre secoli colonia spagnola e si riempirono di città dedicate a San Juan, San José, San Isidro, ecc. Poi la colonia passò agli americani, che avevano sempre sulla bocca un certo San Abìc o Abìs. Allora i gentili filippini come forma di cortesia presero a battezzare i loro figli col nome di Abìs. Troppo tardi, ahimè, scoprirono che il presunto santo era “son of a bitch”, che in slang suona “san abìc” e significa “figlio di p…”. Capisce il dramma?
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