I potenti del Pianeta si sono riuniti in Giappone. Pieno supporto sotto ogni profilo all’Ucraina e nuovo pacchetto di sanzioni a Mosca, hanno garantito. Marco De Angelis, docente all’Università di Lüneburg, è questa la strada giusta?
“Ovviamente no. Se assumiamo come valore supremo la vita e quindi la pace, lo scontro frontale con la Russia, qualsiasi cosa essa abbia fatto, non è la giusta via per la pace. La Russia è una superpotenza e quindi ha un margine elevatissimo di ampliamento del suo sforzo bellico fino all’impiego di testate nucleari, non ha pertanto senso sfidarla, a meno che non si sia folli oppure disposti ad arrivare al punto estremo della disputa. Considerato che dobbiamo presumere che l’Occidente non sia disposto ad arrivare a tale punto estremo, ossia alla guerra nucleare, dobbiamo concludere che è folle. Almeno questa è la mia conclusione dopo ormai un anno e mezzo di conflitto e qualche centinaio di migliaia di morti soprattutto ovviamente giovani, a parte poi tutto il dolore correlato a una situazione di guerra. Follia totale, non esiste altra spiegazione”.
“Vogliamo tutti la fine di questa guerra. Dovremmo sostenere gli sforzi di Zelensky per raccogliere consensi alla sua formula di pace”, ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Ma sostenere quel piano di pace, già rigettato da Putin, è la soluzione per avvicinarsi alla pace?
“Zelensky non vuole la pace, altrimenti avrebbe agito diversamente in Donbass prima del 2022 e non avrebbe proprio costretto Putin a intervenire a difesa del popolo russo, lì residente, nonché a difesa dei propri confini. Zelensky agisce chiaramente su ordine Usa con lo scopo di costringere la Russia a una lunga guerra, cosa che gli sta evidentemente riuscendo, anche a costo di portare la distruzione e la morte tra il proprio popolo. Zelensky non fa altro che eseguire ordini di Washington. La von der Leyen, quindi l’Ue intera tranne Orban, si è adeguata a tale linea statunitense. Tutto ciò ha come scopo la guerra, non la pace. L’Occidente, anzi diciamo la Nato, ha voluto fermamente la guerra con la Russia e ha preparato in Donbass le condizioni tali da costituirne la miccia, sempre necessaria per far scoppiare una guerra”.
L’altro dossier molto caldo del G7 è il contenimento della Cina. Sul punto, la presidenza nipponica di turno si è spesa molto sulla necessità di ribadire “l’importanza della pace e della stabilità nello Stretto di Taiwan”, provocando l’ira di Pechino che non ammette interferenze. Che ne pensa?
“Penso che avremo su quel fronte precisamente la stessa cosa che stiamo avendo sul fronte ucraino. Prima o poi ci sarà anche lì una miccia, adeguatamente preparata negli anni precedenti, per far scoppiare una guerra. È proprio il concetto che è sbagliato, ossia che una superpotenza, come gli Stati Uniti, arroghi a sé il diritto di avere proprie basi militari in giro per il mondo e quindi di permettersi di voler decidere del futuro di spazi geopolitici lontani che non la riguardano. Un tale compito è ovviamente necessario, ossia il mondo globale ha bisogno di una forza politica e militare che in qualche modo amministri e gestisca i conflitti locali, ma dovrebbe essere una forza sovranazionale, come l’Onu, non certo una forza nazionale, non importa quale. Nessuna forza nazionale ha il diritto d’intromettersi in conflitti locali, trasformandoli poi inevitabilmente in conflitti globali. Se non abbiamo imparato almeno questo dalla storia del Novecento, significa che siamo proprio all’Abc della storia”.
Secondo il presidente francese Emmanuel Macron Mosca sta diventando uno Stato vassallo di Pechino dopo l’aggressione all’Ucraina. Condivide?
“Non ho elementi oggettivi per giudicare, ma sicuramente la Russia ha bisogno di partner che la sostengano, dinanzi a un Occidente tanto follemente coeso, quindi è ovvio che la Cina sia il suo primo referente. Se gli Usa sono stati in grado dopo la seconda guerra mondiale di attirare su di sé tanto odio nel mondo, non ci si deve poi meravigliare che coloro che la odiano stringano coalizioni, superando quindi anche le proprie divergenze. Questa è una regoletta semplicissima della vita, ossia il nemico comune porta a coalizzarsi e a superare le proprie differenze. Non credo però che si tratti di un rapporto di vassallaggio. Stiamo parlando di superpotenze. La Russia potrebbe mettere fine al conflitto anche domani, basterebbe una bomba nucleare tattica e nessuno in Occidente interverrebbe, per il semplice motivo che l’Ucraina non fa parte né dell’Ue né della Nato e ciò non a caso, essa è, infatti, destinata all’estinzione in caso di una guerra nucleare seppur limitata. L’Ucraina non viene mantenuta in vita dalle armi che invia l’Occidente, ma da Putin che non ha ancora deciso di chiudere il discorso. È Putin che la sta mantenendo in vita, non l’Occidente, che al contrario la sta mandando alla morte. In sostanza, nessuna superpotenza nucleare sarà mai uno Stato vassallo di un altro”.
Per Giorgia Meloni non tira una buona aria. Uno “scambio di opinioni” sui diritti Lgbt è avvenuto tra il primo ministro Justin Trudeau e la premier italiana. Trudeau si è detto “preoccupato da alcune” delle posizioni “che l’Italia sta assumendo in merito ai diritti Lgbt”. Con le destre al governo in Italia, secondo lei, sono a rischio i diritti?
“Questa è una domanda molto complessa perché presuppone che si abbia una definizione assoluta e valida per tutti di cosa sia un ‘diritto’. Personalmente non penso che il Canada, come del resto gli Usa, abbiano una storia filosofica tale da poter insegnare a noi, discendenti dei Greci e dei Romani, cosa sia un ‘diritto’. Il diritto l’hanno pensato i Greci e messo nero su bianco come anche diffuso in tutto il mondo i Romani. Quindi anzitutto direi che in linea di principio l’Italia farebbe bene a non consentire a uno Stato nordamericano di permettersi di muovere una critica alla nostra visione del diritto. Non ne sono legittimati dalla storia, sono popoli troppo giovani per potersi esprimere con cognizione di causa su cosa sia un diritto. Il che non significa, però, che la Meloni abbia ragione. Bisognerebbe prima chiarire quali siano veramente i diritti, come anche ovviamente i doveri, per poi comprendere se quelli del mondo Lgbt siano effettivamente diritti e in quale misura. Questione troppo complicata per poter essere discussa qui, ma che di sicuro dobbiamo studiare e risolvere noi in Europa continentale, non demandare a popoli con una storia filosofica insignificante”.
Zelensky ha fatto recentemente un tour nelle capitali europee per assicurarsi il sostegno militare. Il presidente ucraino teme che l’Ue si possa prima o poi sfilare o non ci sono di questi rischi e l’Ue continuerà a restare succube di Biden e della Nato?
“Zelensky è un attore e come tale sa come vendersi, sa fare marketing, anche perché ha alle spalle una vera e propria équipe di specialisti che gli dicono quali passi fare per realizzare il proprio progetto cinematografico. Purtroppo il film che sta girando questa volta è un film vero e non una fiction, ma è sempre comunque un film, ossia una storia senza un legame concreto con la realtà. Fin quando il vero potere statunitense, che è anche sopra Biden, lo riterrà opportuno, Zelensky reciterà la sua parte nel copione e l’Ue anche, a meno che l’Ue non decida di abbandonare tale progetto folle di autodistruzione, in primis la Germania, e quindi di riconquistare la propria indipendenza e autonomia. Me lo auguro, ma nessuno può sapere se e quando ciò avverrà”.
Cresce il sentimento pacifista nell’opinione pubblica ma i media non sembrano intenzionati a dargli spazio. Per esempio è stata trascurata la Staffetta dell’umanità organizzata da Michele Santoro e Luigi De Magistris. Che ne pensa?
“Purtroppo abbiamo il paese reale che ragiona e la politica che invece sragiona ed è folle. C’è una completa scissione in Occidente tra i regimi, perché ormai di questo si tratta, e la società civile. Il punto di rottura non è stato però ancora raggiunto. Qualora dovesse essere raggiunto, per esempio nel caso dell’eventuale richiesta d’inviare giovani nostri a combattere in Ucraina, allora avremo a mio avviso una forte reazione popolare. Per ora sono gli intellettuali a sollevarsi, perché sono sempre i primi a vedere il baratro verso cui si va. Il popolo ancora sopporta, il che non significa che sia d’accordo, ma soltanto che la soglia del dolore non è stata ancora raggiunta”.