Dal Principato di Monaco alla conquista dell’Italia, la carriera di Barbara Marchand ha dell’incredibile. Un percorso artistico che comincia quasi per caso e inanella uno dopo l’altro, nel corso dei decenni, una serie di successi e di affermazioni davvero difficili da eguagliare. Non solo tantissima radio, ma un talento declinato in molteplici direzioni sospinto da un’eterna e inossidabile passione.
Hai cominciato a Radio Monte Carlo nel 1966 quando la professione di conduttore radiofonico era praticamente tutta da inventare. A cosa ti sei ispirata e quali consigli ti hanno aiutato a crescere?
“RMC esisteva già in Onde Lunghe come radio in lingua francese e abbracciava praticamente tutta la Francia. In Onde Medie e in Onde Corte trasmetteva soprattutto per il Nord Africa e spesso anche in lingua araba. Dovendo smettere con quelle antenne, l’intuito di un grande della radiofonia quale era Noel Coutisson fece utilizzare quei ripetitori verso l’Italia e fu un successone. Nacque RMC émissions italo-françaises, inizialmente nelle 2 lingue, per passare poi solo all’italiano dopo un rodaggio di quasi un anno. Ascoltavo già molto la radio e Radio Lussemburgo in lingua francese è stata la massima fonte di ispirazione. DJ radiofonici ma prima di tutto veri giornalisti. Avevo 20 anni, studiavo alla Facoltà di Lettere di Nizza e mai avrei immaginato di intraprendere una carriera di 50 anni in Radio!”
Puoi darci un’idea di cosa significasse vivere e lavorare nel Principato di Monaco in quegli anni nell’ambito radiofonico?
“Sono nata nel Principato, al 45 di Rue Grimaldi (allora si partoriva in casa) e qui ho fatto tutti i miei studi. Secondo il volere di mia madre, rimasta vedova prestissimo, avrei dovuto insegnare al Liceo di Monaco. Si vive bene nel Principato, senza pericoli e se fai bene il tuo lavoro vieni anche considerato. La radio perciò non era prevista ed è stato un puro caso l’incontro con la mia professoressa di Italiano, moglie di uno dei Direttori del GR di RMC che cercava personale bilingue (francese/italiano) per iniziare questa nuova avventura”.
Poi oltre 30 anni di permanenza in una Rai che hai visto cambiare sotto i tuoi occhi per tecnologia, modo di condurre, colleghi, format, etc…
“Se RMC ha rappresentato per me il battesimo radiofonico, la RAI è stata l’apoteosi della carriera. Oltre a programmi in Onde Medie sia su RadioUno che su RadioDue, sono molto fiera di aver inaugurato i programmi in Stereo con la mia presenza al microfono all’esordio di RaiStereoUno. I programmi erano giornalieri, di quattro ore per mesi e mesi durante l’anno (all’epoca non si poteva lavorare più di tanto per “paura” di dover venire assunti). Tutto è cambiato ovviamente dagli anni ‘70 a oggi. Ho avuto la fortuna di essere assistita da veri tecnici con i quali dialogare e instaurare un certo grado di amicizia. Oggi non potrei lavorare solo con le macchine! Ricordo ad esempio i collegamenti con Vermicino quando si tentava di salvare il povero Alfredino Rampi. Malauguratamente, in diretta, riuscii da un collegamento con la canzone di Baglioni “Buona fortuna”… ancora oggi piango”.
Hai condotto in tv per la Rai anche “Giochi sotto l’albero” (versione invernale di Giochi Senza Frontiere). Ma a quale programma sei rimasta più legata?
“Anche qui sono stata fortunata. Ho condotto “Giochi sotto l’albero” e “Questa pazza pazza neve”, versioni invernali di Giochi senza Frontiere, trasmessi durante le quattro domeniche di febbraio per varie edizioni. Mi hanno rubato gli sci in due occasioni, ma questo non mi ha impedito di divertirmi lavorando. Sono più le congestioni da freddo prese sulle piste che ricordo con un certo malessere. Ma rimango davvero molto legata ai Giochi che mi hanno permesso di farmi conoscere al pubblico della televisione. Sono anche molto legata ai vari “15 minuti con…”, con i Nuovi Angeli per esempio. Ero giovane e inesperta ma qualcuno credette in me!”
Tra i tanti colleghi con cui hai lavorato con chi ti sei trovata meglio?
“Ho lavorato sempre bene con tutti, ma i connubi Andenna-Marchand e BiagioneMarchand sono stati quelli più duratori nel tempo. Quello che ricordo era il rispetto che animava i nostri interventi e ancora oggi se intervistano me ed Ettore insieme, è difficile che ci si parli addosso. Conosciamo benissimo i tempi radiofonici e difficilmente qualcuno ci frega! Con Ettore Andenna abbiamo un’amicizia vera che dura da 50 anni, dai nostri esordi a oggi”.