Esiste un rischio reale ed esiste un rischio percepito, che a volte tende a ingigantire la portata di alcuni delitti, almeno per quanto riguarda la frequenza reale con la quale sono compiuti. Il dibattito politico sulle politiche relative alla sicurezza spesso si poggia sull’amplificazione della paura, favorita anche dalle scelte di alcuni media che questa paura cavalcano.
Per sondare in modo approfondito il livello di sicurezza percepito dai cittadini italiani, sia in riferimento alla propria persona sia all’ambiente circostante, l’Eurispes e la Direzione Centrale della Polizia Criminale, con l’ausilio del Servizio di Analisi Criminale, hanno messo a punto e realizzato un’indagine sul territorio nazionale che ha coinvolto 1.026 cittadini e che è stata presentata ieri a Roma.
Operazione verità
Alcuni dei dati contenuti nella ricerca smentiscono le affermazioni che la destra porta come giustificazione alle proprie proposte di politiche della sicurezza, soprattutto quando si parla del possesso di armi in relazione a una difesa “sempre legittima”. Il 44,8% degli intervistati, infatti, considera un pericolo le armi perché possono finire nelle mani sbagliate, un 19,2% ritiene che sia un diritto da riservare solo a categorie particolari esposte a rischi (commercianti, ecc.), solo un 18,4% pensa, invece, che rappresenti la possibilità per qualunque cittadino di difendersi dai malintenzionati.
Poco più di un intervistato su 4 (27,1%) acquisterebbe un’arma per autodifesa, il 72,9%, al contrario, non lo farebbe. È stato poi chiesto agli intervistati di esprimersi su chi siano i principali responsabili dei crimini fra italiani e stranieri.
Tutto il mondo è Paese
Un’ampia fetta del campione (47%) ritiene che i crimini siano commessi in egual misura da italiani e stranieri e solo un intervistato su cinque pensa che gli autori siano principalmente stranieri (20,7%). Mentre il governo Meloni smonta il reddito di cittadinanza creando nuove sacche di povertà, gli italiani indicano proprio nel disagio sociale la prima motivazione alla base della diffusione dei fenomeni criminali (16,6%), seguito dalla difficile situazione economica (15,8%) e l’8,4% indica come causa scatenante la mancanza di lavoro.
Tanto che alla domanda su quali strategie si dovrebbero adottare per contrastare la criminalità, per il 16,9% dei cittadini necessario incrementare l’occupazione e per il 14,6% bisogna sostenere le categorie più deboli. Il 61,5% del campione afferma di vivere in una città che giudica sicura. Negli ultimi tre anni, e dunque dall’inizio della pandemia, la paura di subire reati è aumentata per il 24,8% del campione, mentre il 7,3% riferisce di avere meno paura rispetto al passato.
Furti e truffe online
Tra le strategie utilizzate per “mettersi in sicurezza”, negli ultimi tre anni, il 22,5% degli intervistati ha installato un sistema di allarme, il 21,4% ha installato le grate alle finestre e il 20,7% ha messo la porta blindata. Portare con sé uno spray al peperoncino (8,7%), un coltello (8,6%) o comprare un’arma da fuoco (3,6%) sono opzioni adottate da una esigua parte del campione.
I due reati rispetto ai quali si concentra la maggiore paura sono il furto in abitazione (58,3%) e il furto di dati personali su Internet (55,1%). Al terzo posto troviamo la truffa, seguita da scippo/borseggio, furto di auto/motorino/moto, rapina e lesione. L’indagine ha poi tentato di fare luce sugli episodi di violenza che si consumano in àmbito familiare. In più di un caso su dieci (11,6%) si registrano umiliazioni e insulti; il 5,6% ha subìto minacce, il 4,5% è stato vittima di atti persecutori, il 3,8% di maltrattamenti in famiglia. Al momento della violenza, 6 vittime su 10 si trovavano tra le mura domestiche.