Che la scintilla non sia scoccata tra il governo guidato da Emmanuel Macron e quello di Giorgia Meloni è cosa nota. Quello che nessuno si sarebbe immaginato, però, è che ogni occasione sembra essere buona per uno scambio al vetriolo tra Parigi e Roma che sono letteralmente divise su tutto.
Non fa eccezione la questione dei migranti dove ormai da due giorni infuria uno scontro frontale iniziato dalle parole, tutt’altro che gentili, con cui il ministro francese Gérald Darmanin ha detto senza mezzi termini che la premier Meloni non è in grado di risolvere i problemi dei flussi migratori incontrollati verso l’Italia. Un incidente diplomatico, l’ultimo di una lunga serie, che nel volgere di pochi minuti ha fatto precipitare i rapporti tra i due Paesi Ue, tanto che sia il ministro degli Esteri Antonio Tajani che la premier Meloni hanno deciso di rinunciare alla visita all’Eliseo che era stata programmata da settimane.
Lo stupore del governo
“Un insulto gratuito e volgare ad un Paese amico, alleato. Ora la Francia deve scusarsi”, è quanto ha riferito il titolare della Farnesina al Corriere della Sera. Secondo Tajani “la precisazione dei francesi” che hanno provato e stanno provando a minimizzare l’accaduto, “è stata insufficiente, non ci sono le scuse, il ministro dell’Interno ha detto delle cose incredibili, contro la Meloni, contro il governo, persino contro l’Italia e gli italiani, andate a risentirlo, è davvero inaudito”.
“Ha detto che siamo un governo di estrema destra, ha paragonato la Meloni alla Le Pen, tutto a freddo. Io dovevo andare a Parigi, per un vertice preparato da settimane, che si sarebbe concluso con una conferenza stampa congiunta con la ministra degli Esteri Catherine Colonna” ha aggiunto Tajani annunciando che il viaggio è stato cancellato. Che quanto detto da Darmanin abbia lasciato interdetto il governo Meloni, lo lascia capire proprio il titolare della Farnesina che ieri, nel corso di una giornata frenetica dove si è detto tutto e il contrario di tutto, è più volte tornato sull’argomento.
“Ci saranno degli atti riparatori, io mi auguro che la Francia deciderà chi dovrà farlo e che prendano le distanze. Ma il comunicato di ieri non è stato sufficiente, è stato molto tiepido il problema dell’offesa e dell’insulto gratuito rimane, è stata una sorta di pugnalata alla schiena” ha ribadito poche ore dopo durante la convention di Forza Italia.
Caso internazionale
Quel che è certo è che le parole di Darmanin sono diventate un caso diplomatico internazionale che nessuno si aspettava. Proprio per questo dall’Eliseo hanno cercato di minimizzare il più possibile tanto che il portavoce Olivier Véran, intervistato da Cnews, ha spiegato che “non c’era nessuna volontà di ostracizzare l’Italia in alcun modo, voglio rassicurare gli italiani che ci guardano”. E questa non è stata l’unica dichiarazione con cui Parigi ha provato a ricucire lo strappo perché, nel corso della giornata di ieri, ne sono susseguite altre.
Ma tutto ciò non basta all’Italia, visto che la partita aperta con Parigi è a più ampio spettro, e passa dai rapporti col ras libico Haftar, ieri a Roma (vedi il servizio sotto), mentre tutta la maggioranza pretende delle scuse, non delle semplici giustificazioni. “Sotto certi profili penso che si debba pensare alla cooperazione in Europa, non cercare scontri inutili nel momento in cui sappiamo bene che il tema dell’immigrazione o viene governato da tutti all’interno dell’Unione europea o non viene governato del tutto” ha detto il capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia, Tommaso Foti.
Lo stesso ha poi affermato: “Vorrei ricordare che l’Italia, per quanto riguarda le coste, è il Paese europeo più attrattivo per l’immigrazione e quindi anche sotto questo profilo eviterei ironie o considerazioni che sono più stupide che inutili”.
Opposizioni all’attacco
Certo c’è da dire che le parole scomposte di Darmanin hanno comunque riportato a galla le divergenze che esistono tra Italia e Francia in merito alla via maestra per affrontare il tema delle migrazioni. A spiegare cosa abbia spinto il ministro francese a lanciare questa invettiva, ci ha pensato il segretario di +Europa, Riccardo Magi, che ad Agorà ha detto: “C’era un accordo, firmato dal governo Draghi, tra Paesi europei per i ricollocamenti. Quell’accordo, che prevedeva la ridistribuzione degli arrivi, pur insufficiente e su base volontaria, è stato interrotto quando il governo Meloni ha rifiutato di indicare un porto per lo sbarco delle navi Ong e la Ocean Viking è andata in Francia”.
Insomma se i rapporti tra Roma e Parigi sono ai minimi storici, allora qualche responsabilità ce l’ha anche il governo Meloni. Tutto ciò, continua Magi, non può che portare a uno scontro visto che “se non si sa costruire una politica europea di condivisione e solidarietà poi non ci si può lamentare delle critiche che arrivano”.
Certo il segretario di +Europa precisa che “può essere considerato irrispettoso il modo in cui Darmanin ha avanzato le sue critiche, ma la scelta di Tajani di non andare a Parigi non è condivisibile: se il governo italiano avesse argomenti politici, sarebbe andato a Parigi e li avrebbe messi sul tavolo. Ma gli argomenti politici non li ha perché la politica del governo sull’immigrazione è sbagliata e lo dico il giorno dell’approvazione del decreto Cutro”.
Secondo Magi il punto è che “da quando è entrato in carica, il governo Meloni da una parte rivendica in Europa dei risultati che non ci sono e dall’altra racconta che l’Italia è il Paese che sopporta più di tutti il peso dell’accoglienza”. Ma pure questo è falso perché Francia e Germania accolgono più richiedenti asilo di noi”.