Matteo Salvini prova a rilanciare la sua leadership con un nuovo raduno a Pontida. La tradizionale manifestazione nelle valli bergamasche potrebbe esserci dopo l’estate. È l’ipotesi cui ha accennato il leader leghista nel corso del consiglio federale in via Bellerio a Milano. Un’occasione quella di Pontida per riaffermare che la guida del partito, che gli contendono da tempo oramai i governatori del Veneto (Luca Zaia) e del Friuli Venezia Giulia (Massimiliano Fedriga), è salda nelle sue mani. Ma il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti ha più di una gatta da pelare all’interno del suo partito, spaccato tra l’ala più moderata e quella più oltranzista.
Matteo Salvini prova a rilanciare la sua leadership con un nuovo raduno a Pontida. La tradizionale manifestazione potrebbe esserci dopo l’estate
Cartina di tornasole è la collocazione europea, su cui si sono confrontate le due anime leghiste nel consiglio federale di ieri. Il dubbio amletico è se restare con Marine Le Pen, nel gruppo Identità e democrazia, dove siedono anche alleati ‘scomodi’ come Alternative fur Deutschland. O avvicinarsi ai Popolari europei cercando di uscire dall’isolamento a Strasburgo. Dopo circa tre ore di dibattito, nessuna decisione è stata presa e il segretario ha aggiornato la riunione al 29 maggio. Davanti alle posizioni, a tratti divergenti, dei dirigenti leghisti, il capo di via Bellerio non ha espresso la sua opinione e rinviato la discussione a fine mese. Il dibattito è stato lungo e articolato.
In apparenza tutti d’accordo sulla necessità di sganciarsi da AfD, il punto della questione è se e come avvicinarsi al Ppe. Dopo le premesse del capodelegazione a Strasburgo Marco Campomenosi e del capogruppo Marco Zanni, che hanno illustrato la situazione, alla riunione è intervenuto Lorenzo Fontana. Regista della svolta sovranista avviata da Salvini a partire dal 2013, Fontana, che è ancora responsabile Esteri del partito, si sarebbe limitato a osservare come potrebbe risultare difficile spiegare all’elettorato un cambiamento di linea in Europa.
Al Consiglio federale è scontro sulla collocazione Ue. Il partito di via Bellerio sospeso tra Popolari e fronte sovranista
Anche se le perplessità del presidente della Camera rispetto all’attuale composizione del gruppo Id, nella Lega, sono note da anni. A favore di un’uscita da Id si sarebbero espressi in maniera netta, invece, il capogruppo alla Camera Riccardo Molinari e il vice segretario Andrea Crippa, oltre a diversi coordinatori regionali e al governatore lombardo Attilio Fontana. Il ministro delle Riforme, Roberto Calderoli, avrebbe chiesto di rinviare la decisione a dopo il voto. Mentre il collega e ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, avrebbe insistito in particolar modo sul fatto che è necessario smarcarsi da alcuni partiti, come AfD.
“Non possiamo pensare di essere un partito di governo in Italia essendo alleati degli estremisti tedeschi in Europa”, è l’obiezione prevalente sollevata da coloro che criticano l’appartenenza a Id. “Prima siete voluti entrare nel governo Draghi, poi, con la vittoria del centrodestra, ci siamo confermati partito di governo: lo sbocco naturale è quello di cercare di entrare in maggioranza anche a Strasburgo”, avrebbe obiettato, per esempio, Molinari.
Con il movimento di avvicinamento di Fratelli di Italia al Ppe, il tema diventa nevralgico in vista delle prossime europee. La Lega – che elesse 29 eurodeputati con il boom (34%) delle europee del 2019 ma fu marginalizzata per l’adesione al gruppo euroscettico – potrebbe rischiare un nuovo isolamento se i Conservatori, guidati da Giorgia Meloni e dal Pis polacco, si alleassero, come sembra, con il Ppe (di cui fa parte Forza Italia) in vista del voto del 2024. Da verificare però se i vertici dei Popolari sarebbero disposti a fare un’alleanza coi leghisti in Europa. Fino a ora i segnali arrivati dal Ppe non sono certo stati rassicuranti.