Del decreto lavoro varato dal governo l’intervento spacciato come più importante è il nuovo taglio del cuneo fiscale che assorbe circa 4 miliardi. Michele Raitano, professore di Politica economica de La Sapienza, che ne pensa?
“Che non è giusto definirlo il più importante. Né tanto meno si può continuare a pensare che i salari possano crescere soltanto per via fiscale. Perché qui si continua con queste misure che non fanno capire che il problema dei bassi salari in Italia sta altrove, ovvero nelle imprese che non pagano abbastanza. Agire sul cuneo fiscale è continuare a scaricare sul bilancio pubblico esigenze ed emergenze che dovrebbero essere svolte all’interno della contrattazione, all’interno della modifica delle forme contrattuali, e nella cornice di un salario minimo. Invece sono anni che si continua in varie forme a intervenire in questo modo: così è stato con gli 80 euro di Renzi che, se vogliamo rimanere su questo terreno, avevano sicuramente un impatto finanziario più ampio dell’intervento ora varato. Dunque non solo non è il taglio più grande che si sia registrato – oltretutto è previsto solo per pochi mesi dunque niente di strutturale – ma non risolve l’emergenza salariale. Peraltro per finanziarlo il governo ha tagliato il Reddito di cittadinanza”.
Nella media del primo trimestre la differenza tra la dinamica dell’inflazione e quella delle retribuzioni contrattuali rimane superiore ai sette punti percentuali, ha certificato l’Istat. Il governo pare aver scelto la moderazione salariale contro quella che ha definito “una pericolosa spirale salari-prezzi”.
“Non c’è evidenza al momento dell’esistenza di tale spirale. L’unica cosa certa è che i salari continuano a non crescere mentre la stessa banca centrale segnalava come molte delle fiammate inflazionistiche dipendano dai profitti, ovvero da imprese che tendono ad aumentare i prezzi. Poi questa è una inflazione che non nasce da un eccesso di domanda quindi in questa prospettiva si sta ulteriormente abbassando il potere d’acquisto dei salari reali. A questo si aggiunga anche che è un’inflazione molto asimmetrica. I beni che hanno avuto il massimo aumento dell’inflazione sono i beni che vanno a gravare di più sulle fasce più povere della popolazione che sono danneggiate da due punti di vista. Da una parte è più raro che queste abbiano un rinnovo contrattuale, per quanto minimo, d’altra parte sono quelle che più subiscono il maggior aumento dei prezzi. Quei sette punti di cui parlava l’Istat si distribuiscono in modo diseguale e solitamente pesano su chi ha condizioni economiche peggiori”.
Il decreto sul lavoro toglie alcuni vincoli per il rinnovo dei contratti a termine.
“Sono vent’anni ormai che c’è il falso mito che il mercato del lavoro funzionerebbe male perché è troppo rigido. È invece un mercato del lavoro che è stato reso flessibile in ogni modo e lo vediamo anche dai dati dei contratti a termine. Bisognerebbe incentivare le imprese a diventare più produttive, assumendo meglio, pagando salari più alti, innovando di più. Queste sono invece misure di brevissimo respiro fatte per categorie più vicine alla sensibilità del governo”.
Salario minimo. Il governo è sordo ai richiami.
“Già, il governo non ne vuol sentir parlare come non vuol sapere di misure che possano agire sul rafforzamento della contrattazione oppure sui vincoli dei contratti atipici, in primis il part time. Non dimentichiamoci che il primo problema dei salari bassi nasce perché c’è un 30-40 per cento dei lavoratori che lavora a orario ridotto o con contratti atipici”.
Il governo ha deciso: più fringe benefit per i lavoratori con figli. Si vince così il gelo demografico?
“No assolutamente. Perché vorrei sapere chi modifica le proprie scelte di fertilità sulla base di un aumento fino a 3000 euro di riduzione fiscale dei fringe benefit. Non solo. Il 50% dei fringe benefit viene ricevuto da dirigenti e quadri che stanno nel 20% più ricco dei lavoratori. Quindi è una misura che per quanto è irrilevante poi avvantaggia chi sta meglio. Dunque è inefficace e iniqua”.
Reddito di cittadinanza. La stretta del governo sugli occupabili va nel verso giusto?
“Diciamo che la definizione di occupabile del governo va contro ogni logica e di buon senso. Diciamo che si è deciso di operare una stretta sulle famiglie che non hanno un anziano, un disabile o un minore. Nell’ultima versione del decreto sembra che i famosi occupabili, che poi occupabili non sono perché nella stragrande maggioranza si parla di persone che hanno enormi difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro, riceveranno un sussidio bassissimo al massimo per un anno, vincolato a un corso di formazione. Tra le altre cose non tutti riusciranno ad accedere a tali corsi. E se poi li frequenti ma non riesci a trovare occupazione che succede?”.
Mes, Patto di stabilità, balneari, Green deal. L’Italia è sempre più isolata in Europa.
“È sempre più isolata nella misura in cui porta avanti misure a vantaggio esclusivo di piccoli gruppi, prese di posizione a supporto delle rendite. I balneari sono emblematici in questo senso perché hanno goduto di benefici immotivati, inefficienti e iniqui. E si tende a tutelarli. Da questo punto di vista più concorrenza fa bene al sistema economico ma anche alla stessa uguaglianza: se si smontano rendite ingiustificate si liberano risorse che possono andare a tutti. Invece così abbiamo tante piccole lobby che si rafforzano”.
Pnrr. Corriamo davvero il rischio di non spendere tutte le risorse?
“L’esperienza dei fondi europei ci porta a essere molto pessimisti poi io immagino che, in una situazione di questo genere, alla fine con procedure di urgenza in qualche modo le risorse si riuscirà a spenderle. Il problema sarà il modo. Si rischia di disperderle in tanti rivoli col rischio di dare risorse a chi riesce a impiegarle acuendo così i divari territoriali che abbiamo nel nostro Paese”.
Migranti. Nel Def il governo dice che sono una risorsa potenziale per abbattere il debito poi però fa propaganda contro.
“C’è sempre stata una contraddizione. Evidente, per esempio, nelle regioni governate dalla Lega. In cui c’è una grande domanda di manodopera immigrata da una parte e dall’altra parte si fa la faccia feroce sui migranti. Prima o poi verrà fuori, anche perché il sistema economico ha bisogno dei migranti”.