Con l’accusa di corruzione e peculato su fondi europei, è stata arrestata la preside antimafia del quartiere Zen di Palermo. Luigi De Magistris, leader di Unione Popolare nonché ex magistrato ed ex sindaco di Napoli, Cosa ne pensa di questa notizia?
“Al momento le uniche informazioni sono quelle che che provengono dai media e stando a quanto si legge, emergono fatti davvero molto gravi sia per la gravità in sé che per la qualità soggettiva delle persone coinvolte. In particolare per la presenza della dirigente scolastica, per come veniva ed è conosciuta e per i riconoscimenti che aveva avuto. Quando accadono queste cose, è inevitabile che si venga a creare un danno enorme perché in tanti viene erosa la fiducia nei confronti dell’antimafia e ciò non deve accadere”.
Questo caso non è il primo e non sarà l’ultimo a coinvolgere un simbolo dell’antimafia che finisce nel mirino degli inquirenti. Dobbiamo rivedere il nostro modo di assegnare patenti di questo genere?
“Su questo tema sono molto sensibile. Avendo svolto il ruolo di magistrato in un territorio dov’è operativa l’organizzazione criminale mafiosa di gran lunga più pericolosa, spietata, inquinante e che usa tecniche di infiltrazioni, ossia la ‘ndrangheta, sono portato a pensare che esistono persone che o si autonominano paladini dell’antimafia oppure che vengono definite tali dall’ordine costituito ma che in realtà sono tutt’altro che coerenti e credibili da quel punto di vista. Purtroppo il mondo, anche quello dell’associazionismo, che ruota attorno all’antimafia viene puntualmente denigrato o per mancanza di anticorpi o per una precisa strategia dei clan che va avanti da diversi anni. Mi sembra evidente che da più parti è in corso un tentativo di sporcare quel mondo e ritengo che questo fenomeno sia molto più diffuso di quanto si sia portati a credere”.
Ogni volta che cade un simbolo dell’antimafia, dalle destre si alza il coro di quanti sostengono che è soltanto un bollino dietro al quale trincerarsi per fare i propri comodi. Ma è davvero così?
“Le destre tendenzialmente non si fanno problemi a sfruttare anche casi gravi pur di tirare acqua al proprio mulino e fare di ‘tutta l’erba un fascio’. Si tratta di una dinamica che abbiamo visto anche recentemente in relazione al mondo del terzo settore e del sociale con il caso Soumahoro che hanno cavalcato per dire che tutto il mondo della cooperazione è marcio. Ma non è assolutamente vero. Davanti a ogni caso a loro utile, parte puntualmente la crociata contro l’antimafia. Detto questo, però, non posso che notare che esiste anche un certo centrosinistra, molto dominante negli ultimi decenni, che ha utilizzato a sproposito una presunzione di superiorità etica e una patente di moralità che non ha dai tempi di Berlinguer. Servirebbe, da parte di tutti, un esame di coscienza”.
Soprattutto dalle destre si sente spesso mettere in dubbio la salute e la sopravvivenza della mafia perché “non spara più”. Ma si può davvero valutare la mafia in base ai soli crimini violenti oppure questo è il sintomo che la criminalità è ormai cambiata?
“Guardi è esattamente il contrario di quello che dicono. Oggi le organizzazioni mafiose, in particolare la ‘ndrangheta, sono più forti. In particolare la ‘ndrangheta che sin dal suo esordio ha scelto di mimetizzarsi sempre di più nell’economia, nella finanza, nella politica e negli apparati dello Stato. Ma Cosa nostra non è rimasta a guardare e dopo la presunta trattativa tra pezzi di Stato e la mafia, la quale secondo me c’è stata, hanno fatto una scelta analoga puntando a infiltrarsi e mimetizzarsi. Ne consegue che oggi siamo in una fase molto più pericolosa di un tempo. Certo non possiamo negare che magistratura e forze dell’ordine abbiano conseguito risultati importanti, però non possiamo neanche ignorare che è calata l’attenzione morale. Inoltre faccio presente che negli ultimi trent’anni diversi servitori dello Stato che hanno indagato sul sistema criminale, spesso rafforzato dalle massonerie deviate, oppure che hanno indagato sulla penetrazione nel cuore dello Stato da parte di organizzazioni criminali, sono stati fermati senza usare il tritolo ma con le carte bollate e proiettili istituzionali. Questo perché le mafie sono diventate talmente forti da arrivare ovunque e condizionare tutto senza neanche dover sparare. E quando non si spara, si abbassa anche l’attenzione da parte dell’opinione pubblica. Tanto per capire la situazione, se avessimo una bacchetta magica con cui dividere a metà le risorse economiche pulite del nostro Paese da quelle inquinate dalle mafie, allora il Paese andrebbe in default”.
Da Cosa nostra alla ‘ndrangheta, per non dimenticare la Camorra, sempre più spesso si parla di una svolta affaristica dei clan. Quanto la preoccupa in relazione ai fondi del Pnrr?
“Molto ma non per i motivi di cui tanti parlano. Vede non è tanto il problema dell’acquisizione del denaro, il quale lo ricavano dalle loro attività criminali come il traffico di stupefacenti, il gioco d’azzardo e le estorsioni, quanto il fatto che il Pnrr è l’occasione ghiotta per cementificare il rapporto delle mafie con il potere così da mimetizzarsi ancor di più e diventare una minaccia sempre maggiore”.
In tutto questo la magistratura in quale stato versa?
“Veniamo da un periodo complicato in cui c’è stata una perdita di consenso per via del Palamara-gate. La stessa magistratura è stata fortemente condizionata con riforme discutibili, come quella della Cartabia, che hanno guardato più ai numeri che ai territori”.