Con 196 voti a favore, 147 contrari e cinque astenuti la Camera ieri ha confermato la fiducia al governo sul decreto legge Pnrr, su cui oggi arriverà il voto finale. L’approvazione del decreto numero 13 è solo una prova generale di quello che accadrà nei prossimi giorni quando il ministro Raffaele Fitto tornerà davanti al Parlamento. Il primo appuntamento è previsto per il 26 aprile, con un’informativa al Senato sullo stato dell’arte del Piano e poi con relazioni semestrali. Qui, ci si aspetta che Fitto sveli finalmente quali sono “gli interventi non realizzabili” all’interno del Pnrr e ne spieghi “le ragioni”.
Con 196 voti a favore, 147 contrari e cinque astenuti la Camera ieri ha confermato la fiducia al governo sul decreto legge Pnrr
“Dalla rimodulazione del Pnrr avremo più capacità fiscale, più capacità di spesa pubblica per sostenere il nostro sistema economico e imprenditoriale” dice Fitto poco dopo che il decreto ha ottenuto il voto di fiducia. Alla Camera, durante le dichiarazioni di voto, i parlamentari della maggioranza hanno ribadito la validità delle misure del nuovo provvedimento che modifica la governance del Pnrr e introduce misure di semplificazione con l’obiettivo di accelerare gli interventi previsti dal Pnrr.
Ma che il nuovo provvedimento possa realmente condurre ad una accelerazione del Piano è tutto da verificare. A sollevare dubbi in proposito è Openpolis. La Fondazione accende un faro sui ritardi – o meglio sugli ulteriori ritardi rispetto a quelli già accumulati – che il nuovo decreto potrebbe comportare. Con la riforma della governance tutti i soggetti attuatori, infatti, possono modificare l’organizzazione interna responsabile delle misure del Pnrr. Rivedere l’organizzazione comporta, almeno teoricamente, un cambio di dirigenti che rischia di alimentare un clima di incertezza nell’apparato burocratico. Cambiamenti di questo tipo rischiano di produrre ritardi.
Anche considerando che da un punto di vista pratico la riorganizzazione deve ancora iniziare. “Riorganizzazione che appare più rischiosa che promettente”, nota Openpolis, in particolare in un momento così delicato, dal momento che è in ballo la trattativa con l’Europa per modificare il Pnrr. A ogni soggetto titolare di misure del Pnrr è stata data la possibilità di cambiare la propria struttura di governance. Questo vuol dire che – argomenta Openpolis – 14 ministeri e 7 dipartimenti della Presidenza del Consiglio potranno modificare l’organizzazione degli uffici che gestiscono le misure del Pnrr.
In particolare i 17 soggetti titolari che hanno messo in piedi delle apposite unità di missione hanno dovuto provvedere oltre che alla loro istituzione anche alla nomina dei dirigenti. Un processo che ora chi deciderà di modificare la propria organizzazione dovrà ripetere da capo. Già lo scorso anno la Corte dei Conti aveva avvertito che la lentezza delle procedure di nomina dei maggiori dirigenti produceva ritardi a cascata. Prima di tutto rispetto alla nomina dei dirigenti di livello subordinato e di conseguenza per l’adozione degli atti di cui questi sono responsabili. Quest’anno, la Corte è tornata sullo stesso punto rilevando il rischio che la nuova riforma possa portare al bis di quella situazione.
Anche perché i molti passaggi necessari affinché cambi concretamente la governance del Pnrr, al momento, si trovano appena alle prime fasi. Non risulta infatti in atto quella riorganizzazione della Presidenza del Consiglio che pure sarebbe necessaria quantomeno per attivare la struttura di missione Pnrr. Lo stesso vale per gran parte dei dipartimenti e dei ministeri che decideranno di modificare la propria struttura di governance.