L’Ue non ha preso di buon grado lo stop all’import del grano ucraino e di altri prodotti agricoli provenienti da Kiev annunciato dalla Polonia e dall’Ungheria. Il timore di Bruxelles è dato dalla possibilità che, dopo le scelte operate da Varsavia e Budapest, si verifichi un effetto domino che potrebbe coinvolgere anche altri Paesi dell’Europa dell’Est. Per questo motivo, l’Unione europea ha tuonato che “azioni unilaterali non sono accettabili”.
Lo stop all’import del grano ucraino imposto da Polonia e Ungheria fa infuriare l’Ue
Per quanto riguarda lo smistamento del grano ucraino nel Vecchio continente, parte del prodotto rimane troppo spesso bloccato nei territori europei a causa della carenza di camion e treni merci. Il mancato trasporto produce un crollo del prezzo del bene alimentare. Da qui si originano le proteste di agricoltori e piccoli imprenditori bulgari e polacchi e non solo.
A causa del conflitto russo-ucraino e dell’applicazione incostante dell’accordo tra Kiev e Mosca sull’export di grano dal Mar Nero, l’accesso all’Ue del più importante prodotto coltivato nelle campagne dell’Ucraina è forzato. Sempre più difficile, poi, è il trasferimento del grano che dai Paesi europei dovrebbe essere spedito in Africa e in Medio Oriente.
In un simile quadro, la Polonia è stata il primo Stato a mettere in discussione il meccanismo di import-export legato al grano ucraino. Pur rimarcando la vicinanza e la collaborazione con Kiev, infatti, Varsavia ha deciso di imporre lo stop all’import del prodotto. A stretto giro, anche Budapest ha comunicato di voler seguire la via polacca, annunciando la decisione di bloccare l’ingresso “del grano e diversi altri prodotti agricoli ucraini fino al 30 giugno”.
Dopo la Polonia e l’Ungheria, la Bulgaria ha affermato di essere pronta a valutare le stesse restrizioni, rimarcando che “gli interessi dei cittadini devono essere tutelati”.
Il monito di Bruxelles: no ad azioni unilaterali inaccettabili
Le iniziative autonome di Polonia e Ungheria hanno fatto infuriare Bruxelles. “La politica commerciale è una competenza esclusiva dell’Ue, azioni unilaterali non sono accettabili”, ha tuonato la Commissione europea. Inoltre, è stata ribadita la necessità “di coordinare e allineare le decisioni all’interno dell’Ue, in tempi così difficili”.
Il nodo del grano si va a sommare alla questione ancora irrisolta del meccanismo di condizionalità dello Stati di diritto che coinvolge sia Varsavia che Budapest e che ha portato al congelamento dei fondi europei. Se è vero che la Polonia è uno dei più stretti e fedeli alleati di Kiev, la musica cambia se si guarda al Paese guidato da Viktor Orbán in cui la questione del grano sembra essere solo l’ultima mossa volta a smarcarsi dalle politiche europee.
Il problema del grano dovrà essere risolto dalla Commissione europea nei prossimi due mesi in considerazione del fatto che la moratoria sulle tariffe del grano scade a fine giugno (anche se Bruxelles ha proposto una proroga per un altro anno). Per questo motivo, nei giorni scorsi, la Commissione stessa ha ipotizzato l’istituzione di un fondo di compensazione di oltre 56 milioni di euro per gli agricoltori dell’Ue danneggiati dall’eccessiva offerta di grano. La misura non ha incontrato il favore dei Paesi dell’Europa dell’Est ed è stata respinta con forza dalla Polonia che mira a ottenere una sorta di redistribuzione obbligatoria del prodotto agricolo entro i confini del Vecchio continente.