Giuseppina Di Foggia, con rapporti personali storici con la famiglia della premier Giorgia Meloni, è il nuovo amministratore delegato di Terna, mentre la presidenza tocca al leghista Igor De Biasio, attualmente anche consigliere d’amministrazione della Rai in quota del Carroccio. Dopo Enel, Eni, Poste e Leonardo, si è completata così la partita delle nomine nelle cinque grandi partecipate pubbliche. La lista di Cdp include inoltre come consiglieri Terna Francesco Renato Mele, Qinjing Shen, Regina Corradini D’Arienzo, Angelica Krystle Donati, Enrico Tommaso Cucchiani, Gian Luca Gregori, Simona Signoracci. Di Foggia sarà la prima Ad donna in una grande partecipata pubblica, 42 anni dopo Marisa Bellisario a Italtel.
Giuseppina Di Foggia, con rapporti personali storici con la famiglia della premier, è il nuovo amministratore delegato di Terna
L’Ad uscente di Terna, Stefano Donnarumma, salvo imprevisti sarà indicato come nuovo amministratore delegato di Cdp Venture Capital. La Meloni non è riuscita a portarlo, così come avrebbe voluto, all’Enel, dove invece si sono imposti Silvio Berlusconi e Matteo Salvini con la nomina di Flavio Cattaneo e Paolo Scaroni. Su quest’ultimo, che non lascerà la presidenza del Milan ma non sarà più vicepresidente della banca d’affari Rothschild Italia, non si placano le polemiche.
Laddove neanche i mercati hanno gradito i nuovi vertici di Enel, ieri scesa in Borsa del 3,9%, dopo essere scivolata fino al 4,5% in corso di seduta. “La nomina di Scaroni come presidente di Enel sarebbe la prova che il Governo vuole ammazzare la transizione ecologica, perché parliamo della stessa persona che nel 2013 in qualità di Ad di Eni affermava che gli investimenti nelle rinnovabili erano dissannati”, ha detto il Verde Angelo Bonelli.
“Parliamo di una persona – ha continuato il deputato – che ha consegnato l’Italia alla dipendenza dal gas di Putin”. Anche i Radicali italiani hanno parlato di “scandalo”, definendo Scaroni “il responsabile del suicidio energetico italiano”. Attacchi che non hanno risparmiato neanche Roberto Cingolani, l’ex ministro della Transizione ecologica nel governo Draghi, ora alla guida di Leonardo.
“C’è un tizio, consulente di una grande azienda partecipata, che diventa ministro, poi consulente di un nuovo governo guidato da una sua oppositrice, che lo nomina a capo di quella grande azienda. Altro che porte girevoli, è la fiera della Repubblica dei Meloni e dei Cingolani”, ha dichiarato il dem Peppe Provenzano.
Su Cingolani, peraltro, pende il rischio di un conflitto d’interessi stabilito dalle norme vigenti, secondo cui un ex ministro non può ricoprire incarichi in enti di diritto pubblico e società a scopo di lucro nei dodici mesi successivi al termine della carica di governo. E Cingolani ha cessato dalla carica il 21 ottobre scorso, ovvero 6 mesi fa. La denuncia arriva da Bonelli che per questo si è rivolto all’Antitrust per un parere. Ogni verifica è stata fatta prima, replicano fonti di governo.
Se partiti di governo e ministri ieri ripetevano in coro che per le nomine è stato privilegiato il principio della competenza rispetto a quello dell’appartenenza, per le opposizioni non è andata affatto così. “Una applicazione scrupolosa del manuale Cencelli. La destra-destra di governo fa man bassa e Giorgia Meloni ripone nel cassetto i cambiamenti che avrebbe voluto fare. Piuttosto una spartizione con i coinquilini di governo, Lega e Forza Italia. Sottolineo che i nomi proposti sono sulla scena da tantissimi anni e che sia mancata complessivamente, per aziende decisive per lo sviluppo del Paese, una visione strategica del governo”, ha denunciato dal Pd Sandro Ruotolo.