Come per il Pnrr, al governo i tempi regolamentari non bastano e solo stamattina avremo l’elenco completo delle nomine nelle grandi partecipate pubbliche. Chi ha vinto e chi ha perso tra la Meloni e i suoi alleati è lampante. All’Enel la premier voleva aria nuova col manager di Terna, Donnarumma, ma si è arresa a Berlusconi e Salvini, che hanno riesumato nientedimeno che Paolo Scaroni (nella foto) e Flavio Cattaneo, non proprio due matricole.
Il primo, già passato dallo stesso gruppo e poi dall’Eni, ha aumentato come mai prima la dipendenza italiana dal gas russo. In un Paese normale gli tirerebbero le pietre, ma qui lo promuovono. Pure Cattaneo ha lasciato il segno nelle aziende di Stato presenti e passate, dalla Rai a Tim, da dove se ne andò con una buonuscita per cui ancora piange il telefono.
Confermati i capo azienda di Eni e Poste Italiane, Descalzi e Del Fante, per i risultati record raggiunti (il primo con gli extra profitti!), vedremo oggi se Donna Giorgia perderà la faccia con Donnarumma, che invece di essere promosso potrebbe pagare il gran lavoro in Terna lasciando la poltrona a Giuseppina Di Foggia, che si è occupata tanto di telefoni ma mai di tralicci elettrici, anche se questo conta poco quando si è amici della sorella della premier.
In ogni caso, il più sconfitto di tutti è Beppe Grillo, che portò i 5S nel governo Draghi in cambio del ministero della Fregatura ecologica, dove approdò il renziano Cingolani, che ora è spedito da Fratelli d’Italia alla guida di Leonardo. Più che di Green, questo sì che ne capisce di transizione partitica.