Non si capisce chi abbia pubblicato i documenti trafugati al Pentagono e non si capisce neppure se sono autentici e solo leggermente alterati, come dicono gli americani.
Alida Follieri
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Gentile lettrice, quando ci sono di mezzo i servizi segreti, è possibile tutto e il contrario di tutto. È un gioco di specchi contrapposti che riflettono all’infinito le rispettive immagini. Nel caso dei Pentagon papers non si sa per ora nemmeno quali piattaforme li abbiano messi online. Pare si tratti di un sito di giochi elettronici e di uno o più canali Telegram. Già questo è strano. I documenti pubblicati a suo tempo da Julian Assange apparvero su Wikileaks, sito specializzato in rivelazioni di segreti. Ma un sito di giochi online cosa c’entra? Personalmente fatico a credere che siano stati resi pubblici dal Cremlino, per un solo motivo: se Mosca possiede una spia in una posizione apicale nel Pentagono, che interesse avrebbe di farlo sapere agli americani, con ciò bruciando la fonte? Però può essere argomentata anche la tesi contraria, per cui è meglio non entrare nel dedalo dei depistaggi. A margine vorrei aggiungere una cosa. Sei direttori di giornali italiani hanno inviato una lettera all’ambasciatore russo a Roma chiedendo che sia liberato il giornalista del Washington Post “ingiustamente” arrestato in Russia come spia (ma per i russi è stato arrestato in flagranza). Quei direttori hanno mai firmato una lettera all’ambasciatore Usa per chiedere la remissione delle accuse al giornalista Assange, che denunciò molti crimini di guerra tuttora impuniti? Non avendolo fatto, non hanno alcuna credibilità.
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