Il primo incontro sindacati-governo – presente la ministra del Lavoro, Marina Calderone – è stato il 19 gennaio. Il secondo – presente il sottosegretario leghista Claudio Durigon – il 13 febbraio. Da allora il tema è stato derubricato dall’agenda del governo. Stiamo parlando delle pensioni. E che il tema sia scomparso dai radar fa ancora più specie se si considera che, gran parte della campagna elettorale, i partiti di destra – vedi la Lega – l’avevano costruita proprio sul superamento della legge Fornero e sul miglioramento della situazione economica di chi esce dal mercato del lavoro. L’Inps solo qualche giorno fa ha certificato che oltre la metà dei pensionati del settore privato incassa meno di 750 euro al mese.
Dal 2024 si attendeva il superamento della legge Fornero. Ma finora si sono visti solo tagli alle pensioni
Il superamento della legge Fornero “è una promessa che, costi quello che costi, porteremo fino in fondo”, diceva Matteo Salvini. Oggi Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera della Lega, getta la spugna: “Con pochi miliardi quota 41 non si fa”. Quota 41 si riferisce agli anni di contributi a prescindere dall’età. Anche il ministro Adolfo Urso svicola: “Quota 41 per le pensioni? Noi abbiamo delle priorità come quella di sostenere imprese e famiglie. Poi ovviamente dovremo affrontare anche il tema dell’equità pensionistica ma siamo un governo pragmatico, concreto, prudente”.
Anche il premier Meloni, prima della legge di Bilancio, si era impegnata con i sindacati per un intervento strutturale sulla Fornero
Eppure anche la premier in persona, Giorgia Meloni, prima della legge di Bilancio, si era impegnata con i sindacati per un intervento strutturale sulla Fornero. Ma nella sua prima Manovra ha previsto un sistema transitorio valido solo per quest’anno che permetterà di andare in pensione prima dei tempi stabiliti dalla Fornero: la famosa Quota 103 che permette di accedere alla pensione avendo almeno 62 anni di età e 41 di contributi. E poche sono le speranze per una riforma strutturale del sistema pensionistico in vista del 2024.
Oggi si può dire che se tutto va bene, considerato l’andazzo, ci sarà al limite solo una proroga di Quota 103. I due tavoli che finora si sono riuniti non hanno prodotto nulla per la totale inerzia dell’esecutivo. Le proposte sindacali su flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età, pensione di garanzia per i giovani che li tuteli dai lavori discontinui e precari, previdenza complementare, tutela dei redditi da pensione, lavoro di cura delle donne, sono state recepite ed evidentemente seppellite in un cassetto.
Il governo nell’ultima Manovra ha deciso di fare cassa sui pensionati
Il confronto con il governo sulle pensioni “si è aperto e chiuso subito”, commenta amaro il leader della Uil, Pierpaolo Bombardieri. E se la lista di quello che il governo non ha fatto è lunga, quello che ha fatto è addirittura peggiore. Il governo nell’ultima Manovra ha deciso di fare cassa sui pensionati – 10 miliardi in tre anni da qui al 2025 – bloccando la piena indicizzazione di tutte le pensioni. Ha bucato la promessa di alzare le minime a mille euro – varando solo un mini aumento di pochi euro – e infine ha ridimensionato Opzione donna, una misura introdotta nel 2004 e prorogata da tutti i governi che si sono succeduti.
La legge di Bilancio ha lasciato la soglia minima dei contributi a 35 anni ma ha alzato l’età a 60 anni
L’ultima legge di Bilancio ha lasciato la soglia minima dei contributi a 35 anni ma ha alzato l’età a 60 anni, che viene ridotta di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni (quindi a 59 anni con un figlio e 58 anni con due o più figli), ma solo per tre categorie di lavoratrici: caregiver, invalide al 74%, licenziate o dipendenti da imprese in crisi. Con le modifiche entrate in vigore da quest’anno la platea delle lavoratrici che teoricamente potranno accedere ad Opzione donna, scendono drasticamente dalle 17.000 ipotizzate sino al 31 dicembre scorso a neanche 3.000 donne. Un vero e proprio capolavoro.