“Incredibile, mi arrestano!”. Donald Trump ha rotto il silenzio rivolgendosi via Social ai suoi sostenitori: “Oggi è il giorno in cui un partito politico al potere arresta il suo principale oppositore per non aver commesso alcun crimine”.
Donald Trump ha trasformato in un processo mediatico contro la magistratura di New York i suoi guai giudiziari
E nel giorno del suo arresto, il primo nella storia degli Stati Uniti per un (ex) presidente, ha trasformato in un processo mediatico contro la magistratura di New York i suoi guai giudiziari. Prima rinnovando la richiesta di spostare il giudizio a suo carico a Staten Island, l’unico quartiere della Grande Mela che ha votato per lui nel 2016 e nel 2020. E poi accusando il Tribunale di Manhattan, dove “alcune aree hanno votato solo all’1% repubblicano”, di essere “molto di parte”.
Ha evitato le manette ai polsi. Niente telecamere in aula. E neppure la foto segnaletica, che pure il tycoon avrebbe richiesto
Ha evitato le manette ai polsi. Niente telecamere in aula. E neppure la foto segnaletica, che pure Trump avrebbe richiesto per utilizzarla come spot sui manifesti della prossima campagna per le Presidenziali. Mentre ha continuato sui Social la sua arringa contro il distretto giudiziario di New York. “Il giudice altamente di parte e la sua famiglia sono ben conosciuti come persone che odiano Trump”.
Il giudice, ha accusato il tycoon, “è stato un disastro di parte in un precedente caso legato a Trump, non si ricuserà, ha dato orribili ordini alla giuria, impossibile affrontarlo durante questo processo caccia alle streghe”. “Sua figlia ha lavorato per ‘Kamala’ ed ora per la campagna Biden-Harris. Processo farsa!!!”, conclude. La difesa di Trump potrebbe avanzare varie istanze chiedendo, oltre al trasferimento del processo per motivi ‘ambientali’, la ricusazione del giudice (che ha già trattato due casi legati al tycoon e al suo entourage) o invocando i termini di prescrizione.
L’accusa per la quale The Donald deve rispondere è nota: aver comprato, nel 2016, il silenzio di una porno star
Nel frattempo centinaia di persone, tra cui turisti, fotografi e manifestanti a favore e contro Donald Trump, si sono radunate attorno alla Trump Tower, sulla Fifth Avenue, in attesa di vedere uscire l’ex presidente. Tutta l’area è stata transennata e presidiata dalla polizia, come dieci chilometri più a sud, dove si trova il tribunale penale che Trump ha varcato intorno alle 15 ora italiana. L’accusa per la quale The Donald deve rispondere è nota: aver comprato, nel 2016, il silenzio di una porno star, che aveva minacciato di rivelare la loro breve relazione sessuale. Accuse definite dall’ex presidente frutto di “persecuzione politica”.
I suoi avvocati, Susan Necheles e Joseph Tacopina, hanno ribadito che Trump “non ha commesso alcun crimine” e che “combatteranno vigorosamente questo procedimento politico in tribunale”. Ma Trump, che è tornato in Florida al termine dell’udienza nel corso della quale è stato incriminato, non finirà in prigione. Sono altre del resto le inchieste, statali e federali, in cui rischia molto di più.
La prossima grana potrebbe arrivare dalla Georgia e riguarda l’inchiesta sulle interferenze dell’ex presidente nelle presidenziali del 2020
La prossima grana per lui potrebbe arrivare dallo Stato della Georgia, dove Fani Willis, il procuratore distrettuale della contea di Fulton, sta valutando se accusarlo in relazione alle interferenze dell’ex presidente nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2020. Questa inchiesta, insieme a quella del Dipartimento di Giustizia – sempre sulle presunte ingerenze di Trump nel voto del 2020 e sulla sua gestione di documenti governativi – sono i dossier più scottanti e per i quali rischia sul serio di finire in prigione.
L’udienza di ieri, insomma, ne corso della quale Trump ha ascoltato i 34 capi di imputazione a suo carico per i 130mila dollari all’attrice porno Stormy Daniels – ma tra le accuse è spuntata a sorpresa anche quella di aver pagato un’altra donno, l’ex coniglietta di Playboy Karen McDougal – con la quale Trump avrebbe avuto una relazione extraconiugale, ma che pagò camuffando i soldi come spese della campagna elettorale, potrebbe essere solo l’inizio di una lunga battaglia giudiziaria. La prossima udienza è prevista il 4 dicembre.