Il gran giurì riunito a New York ha ufficialmente incriminato Donald Trump, 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America – in carica dal 2016 al 2020 e in corsa per le elezioni del 2024 – con l’accusa di aver pagato una cifra pari a 130mila dollari durante la sua campagna elettorale di sette anni fa per comprare il silenzio dell’attrice e regista pornografica Stormy Daniels, allo scopo di celare la loro relazione.
Dopo l’incriminazione da parte del gran giurì l’ex presidente Trump dovrà affrontare oltre 30 capi di accusa di frode aziendale
Il magnate è così divenuto il primo presidente o ex presidente Usa a essere incriminato da una corte, e le accuse verranno formalizzate all’inizio della prossima settimana, stando a quanto riferisce uno dei suoi legali, Joe Tacopina. Secondo la Cnn Trump dovrà affrontare oltre 30 capi di accusa di frode aziendale. A portare avanti le accuse il procuratore distrettuale di Manhattan, Alvin Bragg, giovane afroamericano già noto per aver supervisionato il caso di Harvey Weinstein, il famoso produttore hollywoodiano al quale sono addebitate diverse molestie sessuali.
Proprio nei confronti di Bragg si scaglia lo stesso Donald Trump, che secondo quanto rivelatore i media statunitensi si trova nella sua residenza di Mar-a-Lago e non si aspettava potesse arrivare in questi giorni il responso del gran giurì: “Questa è una persecuzione politica e una interferenza al più alto livello nella storia di un’elezione – si legge in un lungo comunicato dell’ex presidente repubblicano – Da quando sono sceso dalla scala mobile dorata della ‘Trump Tower’, ancor prima di diventare presidente degli Stati Uniti, i democratici della sinistra radicale, nemici degli uomini e delle donne che lavorano sodo in questo Paese, sono stati impegnati in una caccia alle streghe per distruggere il movimento Make America Great Again. I democratici hanno mentito, imbrogliato e rubato nella loro ossessione di cercare di suonare Trump – ha attaccato – Ora hanno fatto l’impensabile: incriminare una persona completamente innocente in un atto di palese interferenza elettorale. Mai prima nella storia della nostra nazione è stato fatto questo”.
Uno degli avvocati di Trump ha riferito che il proprio assistito dovrebbe andare a New York martedì per consegnarsi alle autorità di Manhattan e farsi incriminare: successivamente, secondo la prassi sarà posto agli arresti per il calco delle impronte digitali e per la foto segnaletica, ma non andrà in carcere.
Il tycoon si consegnerà martedì ma prova a passare per vittima dei giudici, come Berlusconi
Una storia nuova per gli americani ma già vista per gli italiani abituati oramai da anni alle sceneggiate di un altro magnate, Silvio Berlusconi. Che tra bunga bunga, escort e festini senza veli ha cercato di coprire tutto con ingenti compensi ed ha sempre lanciato accuse alla magistratura. Proprio come Trump le accuse dei vari processi “Ruby” le ha definite una “persecuzione politica”.
Una storia finita male, quella di Silvio come hanno dimostrato i fatti. Ma che ha diversi punti in comune. A partire dalle proteste dei rispettivi sostenitori. Negli Stati Uniti si sono riuniti nella notte fuori dalla tenuta dell’ex presidente a Mar-a-Lago, dove il magnate si trova dopo la notizia della sua incriminazione per aver pagato la pornostar Stormy Daniels e hanno sventolato bandiere mentre esprimevano incredulità per le accuse mosse contro il candidato repubblicano per le elezioni del 2024. In Italia davanti al tribunale di Milano per manifestare mentre dentro il tribunale si sta celebrando il processo Ruby. Poi sono entrati nel palazzo, per uscirne dopo circa mezz’ora.