Probabilmente qualcuno se lo sarebbe aspettato quando, all’indomani delle elezioni politiche, si è capito che la prossima presidente del Consiglio sarebbe stata Giorgia Meloni. Eppure quel che sta accadendo nell’ultimo periodo non è affatto banale. Prima la stessa premier secondo cui le 335 vittime delle Fosse Ardeatine sono morte per mano dei nazifascisti perché italiane (quando la loro “colpa” era essere in alcuni casi ebrei in altri antifascisti); poi Ignazio La Russa che ha di fatto infangato i partigiani dell’eccidio di Via Rasella. E la cosa non può passare in secondo piano considerando che parliamo della seconda carica dello Stato.
In via Rasella i partigiani uccisero dei musicisti pensionati. Per una tale balla il presidente del Senato La Russa dovrebbe dimettersi pure da sé stesso
Ma facciamo un passo indietro. Secondo il presidente del Senato, “l’attentato di via Rasella non è stato una delle pagine più gloriose della Resistenza partigiana: hanno ammazzato una banda musicale di altoatesini, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia al quale esponevano i cittadini romani, antifascisti e non”. La seconda carica dello Stato descrive così l’attentato dei partigiani che costò la vita a 35 persone, a cui i nazisti reagirono con l’eccidio delle Fosse Ardeatine, in cui furono uccisi 335 civili.
In una intervista a Libero, La Russa parla a ruota libera e invece di porre l’accento sulla brutalità della rappresaglia nazista, condanna l’attacco compiuto dai Gruppi di Azione Patriottica (GAP). Soprattutto però, dice almeno due falsità dal punto di vista storico. Innanzitutto, definisce le 35 vittime “una banda musicale di altoatesini”: si trattava invece del terzo battaglione del Polizeiregiment Bozen, appartenente alla polizia nazista. Il 23 marzo 1944 stava marciando per le vie di Roma dopo aver sparato al poligono, come era solito fare cantando Hupf, mein Mädel (Salta, ragazza mia).
Il fatto che cantassero però non faceva di loro una banda musicale: erano un reparto militare creato in Alto Adige dai nazisti nell’autunno 1943. La Russa sostiene anche che fossero “semi pensionati”. Falso, visto che la più anziana delle vittime aveva 42 anni. Così, dinanzi a tale falso storico, è scoppiata la polemica. “Le parole di La Russa sono semplicemente indegne per l’alta carica che ricopre e rappresentano un ennesimo, gravissimo strappo teso ad assolvere il fascismo e delegittimare la Resistenza”, ha affermato il presidente nazionale dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo. E a stretto giro arrivano le reazioni della politica.
“Parole indecenti per il ruolo che ricopre”, le ha definite la segretaria del Pd, Elly Schlein. “Siamo di fronte ad un esempio di revisionismo storico che sposa il punto di vista dei fascisti. Mi dispiace per La Russa ma non è accettabile mettere sullo stesso piano i partigiani che combattevano per liberare l’Italia e i nazifascisti”, ha aggiunto il capogruppo dei senatori dem Francesco Boccia.
“L’ennesima dichiarazione revisionista del presidente del Senato su quanto accaduto a via Rasella non nasconde solo rigurgiti ideologici che una destra seria e moderna dovrebbe aver superato, ma anche il palese tentativo di distrarre l’opinione pubblica dalle inadeguatezze di questo governo”, ha affermato Francesco Silvestri, capogruppo M5S alla Camera. “Se avessero vinto i nazisti e Mussolini, di cui conserva a casa il busto, chi non la pensa come La Russa sarebbe in carcere o ucciso”, ha aggiunto l’ex segretario Pd Nicola Zingaretti. Difficile dargli torto.