Da un lato le elezioni di domenica e lunedì in Friuli Venezia Giulia saranno un test per capire se sta cambiando la geografia politica del Paese e quella interna al Centrodestra, dall’altro saranno un primo banco di prova per l’alleanza giallorossa che dopo infiniti tentennamenti sta provando a darsi una seconda chance.
M5S e Pd uniti sul nome di Massimo Moretuzzo alle elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia. FdI tenta l’Opa sugli alleati
Insomma queste regionali dall’esito che appare scontato, con il governatore uscente Massimiliano Fedriga che sembra già a un passo dall’ottenere il bis con il pieno supporto della maggioranza, non sono affatto di scarso interesse ma al contrario sono dense di significato e potranno dire molto sul futuro politico del nostro Paese.
Una battaglia elettorale in cui a sfidarlo saranno Massimo Moretuzzo (nella foto), candidato autonomista ed ecologista che viene sostenuto dal Partito democratico e dal Movimento 5 Stelle, e Alessandro Maran sostenuto dal Terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi, e in ultimo Giorgia Tripoli, supportata da Insieme liberi ossia la lista ispirata dal mondo No Vax.
Lo sanno bene i partiti di maggioranza che sentono di avere la vittoria già in tasca e che per prima cosa nelle urne vedono l’occasione per verificare il gradimento dell’elettorato per il governo di Giorgia Meloni. Eventuali segni di cedimento, in quella che è da tempo una roccaforte della Lega, richiederebbero una valutazione rigorosa perché potrebbero essere un vero e proprio campanello d’allarme soprattutto in vista delle amministrative di maggio.
Ma questo test sarà importante anche perché potrebbe avere pesanti ripercussioni sulla geografia di potere in regione e quindi all’interno della maggioranza stessa. Del resto che qualcosa si stia smuovendo è chiaro da tempo. Sembra proprio che lo strapotere di Fratelli d’Italia stia infastidendo non poco i suoi stessi alleati che di territorio in territorio vedono erodere la propria base di consensi. Una dinamica che preoccupa soprattutto il Carroccio che teme l’ennesimo sorpasso da parte dei meloniani, per giunta in una sua roccaforte storica, con il rischio di rivivere l’incubo della Lombardia e del Lazio in cui da partito leader della coalizione è stato ridimensionato a mero sparring partner.
Il governatore uscente Massimiliano Fedriga sembra già a un passo dall’ottenere il bis
Timori che per la Lega sono quasi certezze anche perché proprio in Friuli Venezia Giulia si è consumato uno strappo che Matteo Salvini fatica a digerire. Già perché il governatore uscente Fedriga, oltre ad essere considerato da tutti come il vero sfidante per la sua leadership nel Carroccio, in queste elezioni regionali ha scelto di scendere in campo presentando una propria lista civica e non più con la Lega, da cui evidentemente ha drenato alcuni big e consensi.
Cosa significa tutto ciò? Che da un lato bisognerà capire se il Carroccio insieme alla Lista Fedriga riusciranno a ottenere più voti di Fratelli d’Italia così da mantenere le redini del Friuli Venezia Giulia, e dall’altro bisognerà capire anche chi la spunterà tra il partito di Salvini e la civica del governatore uscente che, come noto, è espressione della Lega moderata e governista. Se dovesse ottenere più preferenze il governatore uscente, allora è evidente che in via Bellerio crescerebbero i musi lunghi con più che probabili richieste di una resa dei conti con la messa in discussione dell’attuale segretario.
Ben diversa, invece, la situazione nel Centrosinistra che ha deciso di appoggiare il candidato civico Moretuzzo. Qui i giallorossi, dopo lo strappo in occasione della caduta del governo di Mario Draghi, stanno provando a capire se l’alleanza progressista che univa M5S e Pd può tornare oppure se è un esperimento da consegnare definitivamente ai libri di storia. Per capirlo saranno decisivi i risultati delle urne che confrontati con quelli ottenuti alle elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia del 2018, potranno rispondere al dilemma se l’alleanza tra Movimento 5 Stelle e Partito democratico comporta un aumento dei voti complessivi o una loro diminuzione.
Per questo non si potrà che partire dal fatto che cinque anni fa la coalizione di centrosinistra, la quale aveva ottenuto il 26,8% dei voti, non poteva contare sui Cinque Stelle che avevano deciso di andare da soli ottenendo l’11,6% e che all’epoca il Terzo polo non era ancora sorto. Non meno importante il risultato delle urne ci dirà anche se l’entusiasmo per la neo segretaria Elly Schlein si tramuti in voti per il Partito democratico oppure se sia più che altro un fenomeno mediatico. È chiaro che per la leader questa partita è particolarmente delicata perché potrebbe rafforzarne la leadership, mettendo a tacere i primi mal di pancia, oppure potrebbe portare a uno scontro con le correnti dei dem che sono uscite sconfitte dalla battaglia per la segreteria.
Si voterà anche in 24 comuni tra cui Udine e Sacile
In contemporanea con il voto per il presidente del Friuli Venezia Giulia, si voterà anche in 24 comuni tra cui Udine e Sacile, gli unici con più di 15mila abitanti e che potrebbero finire al ballottaggio. Ed è proprio sul match di Udine, ritenuto in bilico, che sono puntati i riflettori di tutti. Questo perché Pd e M5S sono alleati nella partita per la Regione mentre qui non sono riusciti a trovare un’intesa e si fronteggeranno senza esclusione di colpi.
Per conquistare la guida di Palazzo d’Aronco, sede del comune di Udine, saranno così quattro candidati: il sindaco uscente Pietro Fontanini sostenuto dal Centrodestra unito; il docente universitario Alberto Felice De Toni supportato dal Pd e Terzo Polo; Ivano Marchiol candidato per il Movimento 5 Stelle; Stefano Salmé con la lista ‘Liberi elettori – Io amo Udine’.