Per Matteo Salvini il Codice degli Appalti è una rivoluzione. Ma non tutti la pensano così, a partire dall’Anac. Giulio Marcon, portavoce della Campagna Sbilanciamoci, che ne dice?
“Che è una rivoluzione ma in negativo, nel senso che il cambiamento del Codice degli appalti fa crescere le zone di incertezza e di allargamento delle maglie rispetto a fenomeni come possono essere quelli dell’infiltrazione mafiosa e degli infortuni sul lavoro. Questa liberalizzazione così indiscriminata rispetto al sistema di controlli e garanzie può produrre effetti drammatici sia per le condizioni di lavoro sia per le infiltrazioni della criminalità”.
Il governo non è riuscito invece a varare il ddl Concorrenza.
“La cornice in cui si muove anche qui il governo è di una logica di liberalizzazione selvaggia e non di soluzione rispetto ad annosi problemi di libero accesso a determinati servizi e alla gestione di determinate attività economiche su un piano di parità. C’è la questione degli stabilimenti balneari di cui si è parlato tantissimo però più in generale c’è questo aspetto che il governo ha sottovalutato. Ovvero che si rischia il far west, la giungla e questo non va bene né per uno Stato di diritto né per un Paese chiamato ad affrontare le sfide del Pnrr con tutte le carte in regola e noi non ce le abbiamo”.
In compenso è spuntato lo scudo sui reati fiscali.
“Anche questo è un fatto molto negativo. Noi abbiamo bisogno di chiarezza rispetto alle regole che ogni cittadino e ogni impresa deve rispettare. Qui ci sono invece due pesi e due misure per chi si è comportato in modo regolare, rispettando la legge e le procedure, e chi non l’ha fatto. Dovremmo avere invece la certezza rispetto a procedure che devono essere rispettate da tutti. Invece il governo introduce discrezionalità. Già la scorsa legge di Bilancio non conteneva misure sull’evasione ma per l’evasione fiscale. Quelle e queste misure in realtà non fanno altro che strizzare l’occhio agli evasori e a chi non rispetta le regole. La proposta di riforma del sistema fiscale, peraltro, va nella direzione non del rispetto del principio di progressività fiscale, come stabilito nella Costituzione, ma va verso l’appiattimento degli scaglioni e delle aliquote, venendo meno a quel principio. Il punto che scardina tutto è la flat tax che dovrebbe esserci alla fine di questo percorso secondo il governo”.
Il governo ha rinnovato per il secondo trimestre gli sconti sulle bollette ma riducendoli di molto.
“Anche qui è un passo indietro rispetto alle misure stabilite in precedenza. Eppure non mi sembra che stiamo meglio, soprattutto perché abbiamo un’inflazione che continua a galoppare e una guerra alle porte di casa che potrebbe avere conseguenze ulteriori sui prezzi dei prodotti e dei servizi energetici oltre che sul resto. Il governo avrebbe dovuto mantenere le misure stabilite in precedenza e anzi dare certezze, non di trimestre in trimestre, con decisioni che avessero effetto almeno sul medio periodo, ovvero sulla fine dell’anno”.
Il Pnrr è in ritardo. Il governo Meloni scarica le responsabilità sul governo precedente.
“Lo scaricabarile è uno spot nazionale di tutti i tempi. Si possono fare critiche al governo Draghi naturalmente su alcune scelte fatte ma almeno aveva mantenuto gli impegni rispetto a scadenze prefissate. Poi il governo Meloni ha cambiato sostanzialmente la regia e l’organizzazione della gestione del Pnrr. Questo secondo me è stato un errore. Si sarebbe dovuto dare continuità. Cambiare in corso d’opera, e non in meglio, ha provocato i problemi attuali. Non bisogna cercare alibi nelle colpe dei governi precedenti, bisogna prendersi le proprie responsabilità. Quando è entrato in carica il governo sapeva a che punto stavamo e a che punto era l’attuazione del Pnrr e doveva in quel momento prendere le misure per dare continuità a quell’azione. Invece si è interrotto un percorso bruscamente per aprirne uno nuovo con le conseguenze negative attuali”.
In Europa sulle auto il governo è rimasto a mani vuote.
“Si è trattato di un autogol. L’Italia aveva sposato una linea, anche incalzata dall’Eni che ha interessi nel settore dei biocarburanti, ed è stata sconfitta. Ha provato ad accodarsi alla Germania che ha fatto i suoi interessi e ha ottenuto il risultato, mentre l’Italia no. Ma c’è un problema più generale che riguarda l’atteggiamento del nostro Paese di fronte alla sfida della transizione e della riconversione del sistema industriale. Anche per questo oggi noi lanciamo al Senato un’alleanza tra organizzazioni ambientaliste – come il Wwf, Greenpeace, Legambiente e altre – e la Cgil che si chiama ‘Alleanza clima lavoro’ proprio per cercare di premere su governo e istituzioni affinché adottino soluzioni giuste per istradare il nostro Paese sulla transizione ecologica e anche per salvare i posti di lavoro e riconvertire il nostro sistema industriale. Mentre altri hanno investito tanto nell’auto elettrica e nella transizione noi stiamo rimanendo indietro”.
L’Italia si sta isolando in Europa?
“Diciamo che sta facendo scelte sbagliate che non potevano che condurre a una sconfitta, specie sulla transizione del 2035. E anche sui migranti. L’Italia deve decidere se vuole fare asse coi Paesi di Visegrad che hanno posizioni sovraniste e anti-europee o invece tentare di influenzare le scelte dei Paesi più importanti, dalla Francia alla Germania. Il governo è sul crinale: occhieggia e civetta coi Paesi Visegrad e nello stesso tempo cerca di non farsi escludere dai Paesi più grandi ma sta combinando solo pasticci”.
L’unico fronte su cui l’Italia si trova in sintonia con l’Europa è sull’invio delle armi a gogò.
“Io ho una storia, una cultura pacifista per cui sono contrario a scelte che alimentano la guerra. Siamo di fronte a un’escalation drammatica, da alcuni mesi ormai. Mandare le armi significa alimentare questa escalation. Ma c’è un punto secondo me sul quale l’Italia e l’Europa hanno un deficit enorme. Che è quello dell’azione diplomatica. Al di là dell’invio delle armi, che io non condivido, manca un’iniziativa diplomatica dell’Europa per cercare di ottenere un cessate il fuoco, un negoziato e poi una conferenza di pace. E dunque questo appiattimento dell’Europa sulla Nato e sugli Usa è un fatto negativo che la priva di una carta importante che potrebbe giocare, cioè quella di un attore che favorisce la pace”.