Israele è in preda al caos: dopo il licenziamento del ministro della Difesa da parte del premier Benyamin Netanyahu, il Paese è stato travolto da una violenta ondata di proteste e di scioperi. Mentre il primo ministro valuta la possibilità di ritirare la riforma della giustizia che ha spaccato in due la Nazione, membri dell’esecutivo minacciano di dare vita all’ennesima crisi di Governo.
Ondata di proteste e scioperi in Israele, Netanyahu verso lo stop della riforma della giustizia
Era atteso per le 10:30 ora locale, corrispondenti alle 09:30 ora italiana, il discorso del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu che, secondo i media che citano fonti vicine al premier, avrebbe sfruttato l’occasione per annunciare la sospensione della riforma della giustizia. Il discorso è stato, poi, rinviato a causa del prolungarsi dei colloqui con i leader dei partiti della coalizione di destra.
L’ipotesi di procedere allo stop del disegno di legge ha preso forma nella notte tra domenica 26 e lunedì 27 marzo che si è connotata per una violenta ondata di proteste dilagate in tutto il Paese.
A dare origine a manifestazioni e scioperi, è stato il licenziamento del ministro della Difesa Yoav Gallant, fatto fuori dal Governo per aver chiesto che la riforma venisse bloccata. La medesima richiesta, nella mattinata, è stata avanzata anche dal presidente Isaac Herzog.
Mentre le proteste infuriano nel Paese, l’esecutivo è sull’orlo di una crisi. Il leader del partito di estrema destra Potenza ebraica e ministro per la Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir, infatti, ha minacciato Netanyahu di far cadere il Governo qualora il primo ministro dovesse decidere di bloccare la riforma della giustizia. A riferirlo sono stati i media israeliani. Ben Gvir, inoltre, avrebbe affermato che lo stop del disegno di legge rappresenterebbe “una resa di fronte alle violenze nelle strade”. Quel che è certo è che, se il partito di Ben Gvir venisse meno, Netanyahu perderebbe la maggioranza alla Knesset, aprendo una nuova crisi politica in Israele.
Si rischia una crisi di Governo. La posizione dei sindacati
Intanto, nel Paese, continuano a susseguirsi manifestazioni e scioperi, il leader del sindacato dei dipendenti degli aeroporti israeliani Pinchas Idan ha bloccato tutti i decolli dall’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Il leader del sindacato ha spiegato che l’iniziativa è stata organizzata in segno di protesta contro la riforma giudiziaria elaborata dal Governo Netanyahu e per contestare il licenziamento del ministro della Difesa.
Analogamente, una serie di iniziative è stata lanciata anche dal leader della centrale sindacale Arnon Bar David che ha preannunciato uno sciopero generale nazionale nel caso in cui il primo ministro decidesse di non fermare la riforma.
Uno sciopero a sorpresa ha mandato in tilt anche il porto commerciare di Ashdod, situato nella parte meridionale di Israele. Nella mattinata di lunedì 27, poi, è stato proclamato uno sciopero anche negli ospedali mentre le università hanno stabilito il blocco a oltranza delle lezioni in quanto, hanno asserito, “non ci può essere vita accademica dove non c’è più democrazia”.
Oltre alle saracinesche abbassate in molti centri commerciali e a tensioni che serpeggiano tra i dipendenti del ministero della Giustizia, i media locali hanno segnalato anche la possibile chiusura di filiali di banche, anche sr un simile gesto dovrebbe avvenire solo dopo il rilascio di una autorizzazione specifica.
Continuano a funzionare, invece, i mezzi pubblici: la decisione è stata presa per consentire ai manifestanti di recarsi a Gerusalemme per prendere parte a una maxi manifestazione dinanzi al Parlamento.