L’incidente del drone Usa fatto precipitare al largo della Crimea rappresenta un’escalation pericolosissima. Pensavo che Putin fosse più prudente.
Elio Giammarco
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Gentile lettore, in Russia Putin è criticato per essere troppo prudente. D’altra parte il vecchio adagio “A brigante, un brigante e mezzo” è sempre valido. Cos’altro si può fare contro provocazioni incessanti? Per dirne una: due giorni prima dell’episodio del drone un bombardiere americano armato di missili atomici aveva simulato un attacco a San Pietroburgo. Ha puntato sulla città, ha raggiunto la linea di demarcazione tra lo spazio aereo internazionale e quello russo e solo a quel punto, non un metro prima, ha virato e si è allontanato. Inoltre la Nato ogni giorno esegue decine di voli a ridosso dello spazio aereo russo con aerei spia che non solo raccolgono informazioni ma sono usati come provocazioni. L’illusione di poter fare bullismo impunemente è pericolosissima. E infatti questa volta Mosca è andata a vedere il bluff. Il caccia russo ha irrorato il drone di carburante, sperando di farne inceppare il motore, poi lo ha urtato danneggiandone il timone e facendolo precipitare. Cos’hanno fatto gli americani? Sono diventati agnellini. Hanno definito l’azione russa “una provocazione (sic!) spericolata” e l’urto “dovuto a cattivo pilotaggio” (“bad piloting”) perché, se avessero ammesso che l’urto era stato intenzionale, avrebbero dovuto reagire. Ma se ne sono guardati bene. E dal giorno successivo hanno sospeso tutti i voli dei droni a ridosso dello spazio russo. Si spera abbiano imparato la lezione, ma non ci giurerei affatto.
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