di Vittorio Pezzuto
Senatore Bondi, il presidente Obama si è detto impressionato dalla leadership di Enrico Letta e si è congratulato con lui per la legge di Stabilità. Possibile che la Cia disponga di informazioni che sfuggono agli italiani?
«La legge di Stabilità interessa la vita degli italiani e gli italiani la giudicheranno. Il resto fa parte della solita ricerca di una legittimazione internazionale, rispetto alla quale gli italiani sono totalmente indifferenti».
Cosa non le piace della legge di Stabilità?
«Non consentirà all’Italia di fare un solo passo avanti verso l’uscita dalla crisi, che nel frattempo peggiorerà ulteriormente con risvolti sociali drammatici, e nel contempo riesce nell’impresa di aumentare ulteriormente il carico fiscale sulle spalle degli italiani».
Le sue critiche si aggiungono a quelle di altri cosiddetti ‘falchi’ del Pdl. Le vostre posizioni restano quindi immutate?
«Lo ripeto: non appartengo e non mi farò assoldare da nessuna corrente all’interno del Pdl. Ragiono liberamente con la mia testa. E il giudizio che esprimo è fondato sull’analisi obiettiva dei fatti. Abbiamo tanto lottato per abolire l’Imu e ora si introduce una nuova tassa sugli immobili, che si aggiunge a quella restante dell’Imu, ancora più gravosa dell’Imu stessa. Tutto ciò contraddice le promesse e gli impegni che abbiamo preso con i nostri elettori. Una legge di Stabilità che oltretutto colpisce soprattutto il ceto medio, che resta un riferimento sociale essenziale del centrodestra. Io non cambio opinione a seconda delle circostanze. Per cui se resta così io questa legge non la voto, così come non ho votato la fiducia al governo».
Angelino Alfano promette di essere una sentinella antitasse nell’esecutivo. Sarà in grado di garantire una vigilanza sufficientemente occhiuta?
«A giudicare dai risultati non credo. Ma tutto dipende da una scelta politica che privilegia il valore della stabilità politica rispetto ad un’azione coesa e incisiva del governo sul fronte delle riforme».
Lo ammetta, anche i governi Berlusconi non hanno brillato sul fronte della riduzione della spesa pubblica…
«Forse sì, anche se l’ultimo governo Berlusconi ha fatto degli sforzi significatici in questa direzione. Io stesso come ministro della Cultura ho operato tagli significativi e dolorosi nell’ambito di alcuni carrozzoni della cultura, che l’attuale governo ha annullato, ricorrendo nuovamente al ripianamento dei debiti delle fondazioni liriche attraverso l’aumento del prezzo della benzina».
Berlusconi sembra oscillare ogni giorno tra la volontà di proseguire l’esperimento delle larghe intese e il desiderio di andare subito al voto. Lo accusano di cambiare idea a seconda degli interlocutori del momento…
«No, è vero il contrario. Quello che emerge è che solo Berlusconi può tenere unito il Pdl così come l’intero centrodestra. Solo la sua leadership unificante può scongiurare la frammentazione, l’irrilevanza e la sconfitta del centrodestra. È bene che tutti ne prendano atto».
Cosa succederebbe se il Pd dovesse insistere per il voto palese sulla decadenza di Berlusconi da senatore? «Penso che dovremmo trarne le inevitabili conseguenze. E cioè che è impossibile proseguire una collaborazione con una forza politica che persegue unicamente l’eliminazione dalla scena politica di un proprio alleato di governo. Per me questa è una scelta di carattere morale prima ancora che politica».
Quale giudizio dà del ruolo svolto in questi ultimi dal presidente Napolitano?
«Positivo per certi versi, molto negativo per altri. Ha compreso la profonda crisi in cui è precipitato il nostro Paese ma le sue risposte a questa crisi hanno finito per aggravare la crisi stessa piuttosto che prevedere l’unico rimedio che può funzionare in questi casi: rimettere la parola agli italiani. La sua formazione comunista lo ha portato a privilegiare, con piglio presidenzialista, una gestione calata dall’alto del corso della politica. La nascita del governo Monti è l’esempio dell’applicazione di un disegno politico che ha condotto a esiti opposti a quelli voluti. Così come il sostegno al governo Letta sulla base dell’unico valore della stabilità, indipendentemente dai risultati conseguiti dal governo, non condurrà a nulla di buono per l’Italia. Per questo ritengo che il metodo Napolitano non abbia giovato e non giovi all’Italia».