Tra radio, televisione e impegno nel sociale, Petra Loreggian ha costruito il suo successo passo dopo passo. “Ho dovuto studiare tanto e continuo a farlo ancora”, dice candidamente la voce di Rds, ammettendo che alcuni incontri possono cambiare il corso di una vita professionale. Ma anche per lei, che deve tanto a Claudio Cecchetto, alla base di tutto resta il lavoro quotidiano.
Cecchetto ha scoperto molti dei protagonisti degli ultimi decenni. Il suo fiuto nel riconoscere il talento è unico. Com’è andato il vostro incontro?
“Nel 1999 mi presero per condurre su Odeon TV, “Il Muro”, un programma super moderno dove tutti i gruppi più di nicchia o underground sono passati con i primi demo. Ero con Massimo Coppola e Mario Nutarelli. Un giorno vennero ospiti degli artisti che seguiva Claudio. Lui vide l’intervista da casa. Gli siamo piaciuti. Poco dopo ci mise a condurre tutti e tre in un programma geniale su Radio2: si chiamava “99 alle 9”. Entravano per assistere 99 persone, le prime che si presentavano all’ingresso dell’auditorium Rai. Si conduceva solo in voce ma veniva fatto come se fosse in TV. Ho imparato tantissimo da Claudio, mi ha insegnato un mestiere che amo. Con lui sono arrivata a Italia 1 e da lì sono decollata. Non avevo alcuna intenzione di fare spettacolo. È stato naturale, senza tanto sforzo. L’impegno vero è stato dopo, per essere sempre molto professionale e preparata ho dovuto studiare tanto e continuo a farlo ancora”.
Un ricordo della trasmissione tv a cui sei rimasta più legata…
“Stavo facendo un’esperienza all’estero, a San Diego, e Cecchetto mi fece tornare per il provino di “Rapido”. Simulai un’intervista a Madonna e, fresca del mio inglese appena studiato, riuscii a convincerli. Era un programma innovativo, si svolgeva su un treno. Il mio agente di quel periodo era il mitico Franchino. Quando mi proponeva per un lavoro e la selezione era con bellissime ragazze, per farmi prendere diceva “Petra è veloce!”. Ho una memoria di ferro e quello che riuscivo a fare produrre in poche ore per altre conduttrici richiedeva più giorni di set.
Eppure ricordo che quando intervistai Sting balbettavo. Lui capì l’emozione e mi mise subito a mio agio. Con Alanis Morissette, sapendo che amava la lavanda, ne strappai un po’ nelle aiuole davanti al Forum e feci un mazzetto… fu molto felice!”
I dati di ascolto del tuo programma sono in continua crescita…
“I peggio di RDS è stata una scommessa (vincente) del nostro editore, grazie alla creatività di Giovanni Vernia, con cui lavoro e che ha portato un’idea di comicità radiofonica vincente. Non è facile in una radio storicamente di flusso, con tempi così ristretti e poca possibilità di chiacchierare. La musica su RDS è protagonista da sempre. A livello globale è arrivata anche la nostra social tv a supporto (sul 265 del digitale) e questo ha contribuito ancora di più a farci conoscere”.
Come hai “costruito” questa intesa così particolare con Giovanni Vernia?
“Io e Giovanni non ci conoscevamo, ma da subito ci sono stati rispetto e armonia. Lui arrivava dal teatro, dalla televisione e da una talk radio. Io ero la “macchinetta”, la voce a cento all’ora che in due minuti al massimo doveva chiudere il talk. Ci siamo amalgamati presto: lui ha imparato i tempi e io a fargli da spalla. Lavoriamo a distanza; la mattina preparo una sorta di rassegna stampa, lui elabora la parte comica. Sono molti anni ormai che collaboriamo insieme, e nonostante non ci si veda perché viviamo in città diverse, abbiamo imparato a conoscerci benissimo. Ci piace creare con molti artisti, nella parte del programma chiamata “Peggio più peggio”, dei momenti che alla fine risultano molto divertenti. Senza alcun accordo pregresso, ad esempio, gli One Republic hanno cantato un loro pezzo riscritto da Giovanni dicendo “so de mar, le cozze son viv!” (il brano era “Stop and stare”), creando un contenuto artistico pazzesco che tuttora è molto seguito sui social. Spesso gli artisti più grandi sono quelli che regalano lo spettacolo migliore”.
Sei molto impegnata nel sociale e hai contribuito alla riqualificazione di un quartiere di Milano. Perchè ti sei lanciata in questa avventura?
“Circa 8 anni fa ci siamo trasferiti in un quartiere di Milano che, all’epoca, ancora non si chiamava Nolo. Qui abbiamo trovato una comunità di giovani con gran voglia di fare. Con i miei vicini di casa e, in particolare, il mio grande amico Beppe Ronzano abbiamo fondato l’associazione “La Ginnastica” per portare il bello dove c’è degrado. Alcuni muri di Milano si sono trasformati da luogo di abbandono dei rifiuti in siti di street art e adesso la gente viene per ammirare delle opere anzichè per buttare una vecchia lavatrice. L’evento che abbiamo creato ZuArtDay ha contribuito alla rinascita del quartiere. Io ho la grande fortuna di poter fare da cassa di risonanza proprio perché, grazie al mio lavoro, ho moltissimi contatti e tante aziende che mi supportano quando c’è da mettersi in gioco. Se la “notorietà” serve anche a questo, sono felice di poterla mettere a disposizione!”.